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Hillary Rodham Clinton, segretario di Stato dal 2009 al 2013, descrisse l’Arabia Saudita come “base decisiva di supporto finanziario per Al Qaeda, i talebani, Lashkar-e-Taiba e altri gruppi terroristici, compreso Hamas” (fonte WikiLeaks). Trascorsi pochi mesi, dimenticando quanto aveva affermato, controfirmò la più cospicua vendita di armi a un singolo Paese nella storia degli Stati Uniti d’America. Un'operazione economica colossale per l’industria bellica. Ora provate ad indovinare: tra 196 stati internazionalmente riconosciuti sovrani sul pianeta Terra, quale sarebbe questo Paese destinatario di 63 miliardi di dollari di armamenti dagli USA nel solo anno 2010? L’Arabia Saudita. La conseguenza degli accordi non ha tardato a manifestarsi: nel periodo 1999-2014, lo stato citato, è risultato il terzo maggior donatore della Fondazione Clinton, principale cassa-bancomat, sostenitrice della campagna presidenziale. Ma il peggio per l’America e quindi di riflesso per l’umanità, è il candidato repubblicano Trump. Infatti, se eletto, “potrebbe essere una catastrofe per la nazione”. Mentre, l’ex segretario di stato, per il quotidiano californiano “è uno dei candidati presidenziali più preparati degli ultimi anni: come first lady, senatore democratico di New York e Segretario di Stato nel primo mandato del presidente Obama, lei è stata coinvolta nei dettagli delle attività di governo ed è per questo che le sue posizioni sulle questioni oggi sono infinitamente migliori di quelle del suo avversario”. Come sono facili ad omettere la gravità degli atti compiuti dalla Clinton contro la pace nel mondo. Gli armamenti forniti, hanno alimentato le guerre, soprattutto nei paesi più poveri. La politica adottata in Medio Oriente, ha favorito la nascita e lo sviluppo dei gruppi terroristici, che seminano morte e distruzione. La vendita delle armi anzitutto, serve per mantenere in vita l’economia statunitense e quindi quella globale. Nemmeno la morte del diplomatico statunitense in Libia, causata dalla scarsa attenzione della candidata presidenziale, sembra essere qualcosa di rilevante per i media.

Altrettanto importante la posizione sulla vita, e quindi sullo sviluppo naturale della società: l’estremismo della Clinton, è passato inosservato. O meglio non è degno di nota, perché è frutto del pensiero unico che in questo momento tiene le redini del potere. Hillary, ha affermato che i bambini non ancora nati non godono di alcun diritto costituzionale e le fedi religiose che ancora contrastano l’aborto vanno modificate. Ed ecco magicamente che un altro finanziatore promettente e fedele della campagna elettorale può essere rintracciato nel colosso abortivo Planned Parenthood, che preferisce definirsi “provider di servizi per la cura della salute riproduttiva delle donne”. Sotto la sua bandiera sono riunite 59 imprese affiliate, per un totale di quasi 700 cliniche sparse in tutti gli Stati Uniti, all’interno delle quali si consuma circa il 30 per cento di tutti gli aborti praticati nel paese. Sono più di 300 mila aborti ogni anno, diversi milioni se si considerano i decenni di attività. Non solo. Planned Parenthood (Pp) è anche un gigante dal peso politico notevole: non è stato ininfluente per esempio il suo esplicito appoggio a Barack Obama, e soprattutto gode di finanziamenti pubblici per mezzo miliardo di dollari (528 milioni solo l’anno scorso, su un incasso totale di 1,3 miliardi). Ma tutto questo non conta!

Il quotidiano californiano punta il dito sul candidato repubblicano. Durissimo il giudizio su Trump “che non è mai stato eletto a nessun incarico ed ha mostrato un temperamento inadatto ad esserlo”. Certamente certe battute infelici che riguardano la costruzione dei muri per interrompere il flusso migratorio clandestino; le posizioni contro l’islam; alcune affermazioni troppo sbilanciate a favore del razzismo; possono sempre essere corrette strada facendo. Ma niente da fare, per lui non c’è possibilità di rivedere le posizioni: “Sta conducendo una campagna elettorale divisiva, aggressiva, disonesta e si è più volte allineato con i razzisti, gli uomini forti e teppisti, screditando e dicendo cose negative invece di vasti segmenti della popolazione americana”, conclude lapidario l'editoriale. Lo stesso si può dire per la Clinton, quando ha spiegato che bisogna intervenire contro la Russia colpevole di fare concorrenza sleale all’America, contro ogni logica di dialogo. Come dimenticare la falsa campagna mediatica messa in atto contro il governo russo, per la violazione dei server del partito democratico? Diversi giornali indipendenti americani, hanno messo in luce la scia di sangue e di morte che ha avuto come protagonisti i membri dello staff dell’ex segretario di stato. Alcuni collaboratori, che nel tempo avevano criticato la linea politica della first lady, sono stati trovati accidentalmente morti –dicono-, per cause naturali, o coinvolti in strani incidenti in cui hanno perso la vita. E ancora le pesanti minacce lanciate alla Siria e a tutto il medio Oriente, sono forse meno gravi delle esternazioni di Trump? Il giornale californiano, comunque, riconosce le “debolezze” che la Clinton dovrà superare per essere un “grande presidente: ma paragonate con le tare di Trump come candidato, queste debolezze appaiono insignificanti”. Sembra proprio propaganda a direzione unica, senza possibilità di appello. Alla fine –ci auguriamo-, se non succederanno brogli dell’ultima ora, deciderà il popolo, il quale nell'esercizio della democrazia sceglierà chi deve rappresentarlo. 

A cura dello staff allaquerciadimamre.it

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