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Sono stati beatificati ieri mattina nella splendida cattedrale di Oviedo, in Spagna, i 4 martiri di Nembra, vittime della persecuzione religiosa del 1936. Si tratta di un sacerdote e di tre suoi parrocchiani che vanno ad aggiungersi ai 193 martiri il cui tributo di sangue l’arcidiocesi versò al tempo del terrore rivoluzionario degli anni ’30. Un bilancio spaventoso: 13 vescovi, 6.838 tra sacerdoti, religiosi e seminaristi, decine di migliaia di laici assassinati solo perché cattolici praticanti. Questa era la Spagna degli anni Trenta del secolo scorso, teatro di una persecuzione religiosa senza precedenti e senza sconti, il cui unico obiettivo era l’annientamento della Chiesa cattolica dalla società. “Fu proibito l'insegnamento cattolico –ricorda il Cardinale Amato-, nelle scuole pubbliche e fu ritirato il Crocifisso. Fu vietato agli ordini religiosi di esercitare la loro missione educatrice e si requisirono i loro edifici. Furono nazionalizzati gli immobili della Chiesa e si emanarono leggi contro l'istituzione familiare. Fu una feroce tirannia a favore dell'ateismo sociale”. Moltissimo il sangue innocente versato in quella che fino ad allora era definita “la cattolicissima Spagna”, non da ultimo quello dei quattro martiri da oggi beati a Oviedo. Tra loro don Jenaro Fueyo Castaňon, parroco di Nembra, ad Aller, nelle Asturie: un sacerdote zelante, premuroso nel visitare i malati e nel promuovere nuove vocazioni missionarie. Con lui morirono due parrocchiani: Segundo Alonso Gonzáles e Isidro Fernández Cordero, entrambi padri di famiglie numerose, membri dell’Adorazione notturna e del Sindacato cattolico dei minatori. Il più giovane, appena 24 anni, era Antonio Gonzáles Alonso, che per pochi anni vestì l’abito dominicano, al quale dovette rinunciare per una grave forma di tubercolosi. Per tutti loro, che rifiutarono di abiurare e di calpestare gli oggetti sacri, una morte fra atroci sofferenze".

Era il 21 ottobre di 80 anni fa, quando don Fueyo Castañón, parroco di Santiago apostolo a Nembra, venne incarcerato. Aveva 72 anni e dal 1899 svolgeva il ministero pastorale in questo paese religioso, situato nelle Asturie. In quei luoghi, nell’ottobre 1934 erano sorti i primi movimenti rivoluzionari che poi sfociarono nella guerra civile. Quella di Nembra era una parrocchia viva, dalla quale erano uscite numerose vocazioni al sacerdozio e alla vita religiosa. Il parroco aveva promosso una sezione dell’Adorazione eucaristica notturna, alla quale partecipava in prima persona. Circa un centinaio gli iscritti: minatori e contadini, che venivano pure dai paesi vicini, camminando anche per quattro ore per arrivare a Nembra. Lì c’erano anche i “tarcisi”, i ragazzi che si riunivano una volta al mese. Tanto zelo e tanta presa sulla popolazione davano fastidio agli anarchici.

Il parroco, dopo l’arresto, venne condotto nella sala della guardia dell’Adorazione eucaristica, al secondo piano di un edificio attiguo alla chiesa parrocchiale. In quel luogo adibito a carcere si trovava anche il minatore Fernández Cordero. Era sposato con Celsa e dei suoi 7 figli, tre sarebbero diventati religiosi. Invitato alla fuga da un vicino, rispose che non voleva farlo, perché si sarebbero vendicati sulla famiglia. “Ci hanno sempre accusato di essere gente di preghiera e retrogradi, per cui l’unico delitto di cui siamo accusati è essere cattolici”, disse. Alonso González era falegname e lavorava anche lui nella miniera. Quel giorno di ottobre fu arrestato e incarcerato nella chiesa di Nembra. Ai suoi compagni di cella diceva: “Molte volte abbiamo trascorso qui la notte per il turno di veglia davanti al Santissimo Sacramento, dato che ora non possiamo farlo, recitiamo il rosario e facciamo un sincero atto di contrizione mettendoci nella mani di Dio, dato che qualcuno di noi può avere i giorni contati”. Fu incarcerato anche il 24enne González Alonso Quería. La colpa? Il suo impegno cristiano. Il giovane voleva entrare nell’ordine domenicano, seguendo suo fratello, ma a causa della tubercolosi dovette rinunciare. Studiava alla scuola di magistero e anche lui era adoratore notturno. I suoi aguzzini gli proposero di salvarsi se avesse rotto un quadro del Sacro Cuore e distrutto la mensa dell’altare della parrocchia. Rifiutatosi, venne percosso e gli tagliarono la lingua per poi gettarlo in un pozzo. Dopo di lui furono uccisi anche i due minatori e il parroco don Genaro che chiese di essere l’ultimo per far coraggio agli altri.

a cura di don Salvatore Lazzara

 

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