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Il grande mercato internazionale dei figli comprati con l'utero in affitto è la più barbara forma di schiavismo dei nostri tempi. Non è, solo, una questione legata alla dignità della donna, trasformata in produttrice di bambini a portar via; la pratica è barbara in sé, perché ha ad oggetto la fornitura di esseri umani. Gli esseri umani non si comprano, e nemmeno si regalano. Il mercato dei figli è la diretta conseguenza della distruzione della famiglia, che passa innanzitutto per la rottamazione, cioè abolizione, del matrimonio. In Italia si sta provando a legittimare questa pratica con l'approvazione delle cosiddette "unioni civili" tra persone dello stesso sesso, che prevedono la stepchild-adoption, cioè il riconoscimento della genitorialità al partner che non ha alcun legame biologico col bambino avuto appunto con utero in affitto. Nei prossimi giorni tenteranno di mascherare questa forma di adozione, che viola i diritti dei bambini, con l'etichetta di un "affido rinforzato". Si tratta di compromessi ipocriti che saranno spazzati via dal primo Tribunale. Una crepa nella diga, ed è solo questione di tempo. E di sentenze.

Commenta Giuliano Guzzo: “l’associazione Famiglie Arcobaleno ha deciso di lanciare la campagna #figlisenzadiritti per chiedere che i tentennamenti su ddl Cirinnà e stepchild adoption siano superati in fretta. Ora, anche sorvolando sul merito di una simile iniziativa – e sui «più di centomila i bambini nati all’interno di una famiglia omogenitoriale», stima ripetuta ossessivamente ma non realistica -, bisogna dare atto a Famiglie Arcobaleno d’aver scelto uno slogan significativo. Non è infatti difficile, anche per chi ha idee ben diverse, riconoscere come in Italia, quella dei #figlisenzadiritti, sia a tutti gli effetti sia una emergenza. La dimostrazione più lampante è senza dubbio quella dell’aborto volontario: che diritti ha un figlio in uno Stato che ne autorizza la soppressione prima della nascita? Ha forse diritti un bambino alla cui madre le Istituzioni mettono gratuitamente a disposizione la possibilità di abortire ma non concedono, se non con ridicole forme di aiuto, alcun supporto tangibile e duraturo nel caso in cui decida di portare a termine la gravidanza? Per non parlare del divorzio. Che fine fanno i diritti di un figlio che, con la rottura coniugale, sperimenta un alto rischio di crescere con un solo genitore, evento che triplica la probabilità di scarso rendimento scolastico, raddoppia quella di disturbi psichici e accrescere pure quella di tentazioni suicide (International Journal of Law, Policy and the Family, 1998; Demography, 1990; Psychiatry Research, 2011)? Non è chiaro” (per approfondire l’argomento, clicca qui).

uteroLe donne che accettano di portare in grembo figli che poi vendono ad altri, dice Agacinski*, nel corso di una intervista rilasciata per il quotidiano Avvenire non sono «da biasimare», la colpa è degli «Stati che non mettono nessun limite ai mercati». Queste madri, aggiunge l’intellettuale francese, accettano «un mercato crudelissimo, spinte dal bisogno, oppure dal marito, come avviene in India. Devono così sacrificare la loro intimità e la loro libertà. Non dimentichiamo che la vita personale di una madre surrogata è strettamente regolata e controllata: la sua vita sessuale, il suo regime dietetico, le sue attività… Durante nove mesi, vivono al servizio di altri, giorno e notte. Queste donne sono vittime di sistemi che non hanno contribuito a creare. Se il mercato della procreazione non fosse costruito da tutti quelli che vi traggono un lucro enorme, ovvero le cliniche, i medici, gli avvocati e le agenzie di reclutamento, a nessuna donna verrebbe mai in mente di guadagnarsi da vivere facendo bambini».

Il Bambino non è un prodotto. «Non abbiamo a che fare con gesti individuali motivati dall’altruismo – afferma Agacinski–, ma con un mercato procreativo globalizzato nel quale i ventri sono affittati. È stupefacente, e contrario ai diritti della persona e al rispetto del suo corpo, il fatto che si osi trattare una donna come un mezzo di produzione di bambini. Per di più, l’uso delle donne come madri surrogate poggia su relazioni economiche sempre diseguali: i clienti, che appartengono alle classi sociali più agiate e ai Paesi più ricchi, comprano i servizi delle popolazioni più povere su un mercato neo-colonialista. Inoltre, ordinare un bambino e saldarne il prezzo alla nascita significa trattarlo come un prodotto fabbricato e non come una persona umana. Ma si tratta giuridicamente di una persona e non di una cosa» (per approfondire l'argomento, clicca qui e qui). 

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 a cura di Don Salvatore Lazzara

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* Sylviane Agacinski è una delle femministe più celebri di Francia. Saggista di spicco, ha fondato il Collegio internazionale di filosofia con Jacques Derrida, insegnando poi a lungo all’Ecole des hautes études en sciences sociales. Si dice «donna di sinistra», ma pure allergica, «come filosofa», ai rigidi steccati ideologici a cui tanti vorrebbero ricondurla, anche in quanto moglie dell’ex premier socialista e candidato all’Eliseo Lionel Jospin. Da anni, spende il suo impegno civile nella battaglia contro l’orrore della maternità surrogata: ha scritto il saggio <+Ev_cors>Corps en miettes<+Ev_testo> («Corpi sbriciolati», Flammarion), dà voce all’associazione Corp (Collettivo per il rispetto della persona), promuove petizioni francesi e internazionali (www.stopsurrogacynow.com). In esclusiva, rivela che il Parlamento francese ospiterà il 2 febbraio un convegno per l’abolizione universale dell’"utero in affitto.

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