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"Imperocché Colombo svelò l’America, mentre una grave procella veniva addensandosi sulla Chiesa: sicché per quanto è lecito a mente umana di congetturar dagli eventi le vie misteriose della Provvidenza, l’opera di quest’uomo ornamento della Liguria, sembra fosse particolarmente ordinata da Dio, a ristoro dei danni, che la santa fede avrebbe poco stante patito in Europa" (Leone XIII, 16 luglio 1892). Il 12 ottobre 1492, il navigatore genovese Cristoforo Colombo approdava con le sue tre caravelle (La Niña, La Pinta e la Santa Maria) nell’isola di San Salvador (Bahamas), a quel tempo chiamata Guanahanì dalle popolazioni locali. Colombo pensava di aver raggiunto le Indie, era invece arrivato in America centrale. Da allora quel giorno viene celebrato come il giorno della “scoperta dell’America”, anche se ovviamente la scoperta era degli europei: quelle terre erano infatti abitate già da millenni da popoli indigeni, il cui futuro e la stessa esistenza cambiò da quella data in poi. Era solo l’inizio di un cambio epocale nella storia dell’umanità. Senza quella data, l’assetto mondiale di stati e popolazioni che oggi conosciamo, almeno nel continente americano, sarebbe del tutto diverso.

Il primo raggio della luce di Cristo e della sua Chiesa e civiltà fende le tenebre profondissime di un mondo oscuro e sconosciuto. Gli europei, guidati da un italiano, iniziano la conquista del Nuovo Mondo (nella foto in alto, la prima Santa Messa, celebrata in California). La Chiesa di Roma porta Cristo e la salvezza evangelizzando, convertendo e pagando, come sempre, il prezzo del martirio. E porta la civiltà, l'onore, la cultura, il senso della carità e il valore della Verità, ponendo fine ai sacrifici umani. Il cattolicesimo arrivò nei territori che adesso formano gli Stati Uniti, con gli esploratori e i colonizzatori spagnoli, nell'odierna Florida e nel sud-est. La prima celebrazione cristiana tenuta negli attuali Stati Uniti fu una Messa cattolica celebrata a St. Augustine in Florida. L'influenza della Missione spagnola dell'Alta California (1769 e successivi) completa il quadro della prima evangelizzazione del territorio statunitense. La fede cristiana, ricevette una forte spinta con la colonizzazione del Maryland (1634): questa colonia offrì un raro esempio di cattolici tolleranti in un'epoca di intolleranza, particolarmente presente nelle altre colonie inglesi, che frequentemente esibivano un attivo militantismo protestante. L'atto formale di istituzione della Chiesa cattolica negli USA fu la creazione, da parte di papa Pio VI, della Prefettura apostolica degli Stati Uniti d'America, eretta il 26 novembre 1784 (appena un anno dopo l'indipendenza del Paese). Il territorio fu ricavato dall'Arcidiocesi di Québec. Il 6 novembre 1789 per effetto del breve Ex hac Apostolicae di Pio VI, la prefettura apostolica fu elevata a diocesi e assunse il nome di Diocesi di Baltimora. Il prefetto John Carroll salì alla carica di vescovo, divenendo il primo vescovo degli Stati Uniti. La gerarchia americana fu costituita dal successore papa Pio VII, il quale elevò Baltimora a livello di arcidiocesi e costituì quattro nuove diocesi: New York, Filadelfia, Boston e Saint Louis.

Giovanni Paolo II l’ha detto già nel ‘79, in occasione della sua prima visita a Santo Domingo, nucleo di insediamento di Cristoforo Colombo in America, da dove partì una vasta impresa di evangelizzazione, che merita tutta la nostra ammirazione e riconoscenza. Poi l’ha ripetuto il 1 gennaio 1992, in S. Pietro a Roma, dicendo: "Fu una splendida realtà che non può essere sottovalutata e cioè l’introduzione della fede nel continente americano, la proclamazione e la diffusione del messaggio evangelico". Splendore misconosciuto dagli stessi cattolici e calunniato come pochi altri. Ci furono ombre certo, come in tutte le conquiste dalla storia, ma nulla di più. Così come lo diceva recentemente un messicano molto indio, recente premio Nobel: Ottavio Paz. Eppure queste ombre sono sempre sottolineate, evidenziate in buona parte per colpevolizzare la Chiesa ed i cattolici, con la stampa, la televisione, o persino dai preti cattolici, ancora più masochisti dei progressisti, in modo che vengono nascoste non le ombre, bensì le luci.

L’evangelizzazione dell’America fu dapprima la grande avventura, la grande testimonianza e la grande modernità di un cristianesimo senza frontiere, ben prima che lo diventi nella nostra Europa di oggi. Ed è l’impareggiabile Isabella la Cattolica, regina di Castiglia, che mise subito sul piatto della bilancia tutto il peso del potere a garanzia dell’autentica programmazione e diffusione del messaggio evangelico nei confronti degli indiani: priorità dell’amore, esigenza di buoni trattamenti e garanzia della libertà e, come agli spagnoli, rifiuto della costrizione per i battesimi. Fin dal 1493, qualche mese soltanto dopo la scoperta, Isabella chiede nelle sue istruzioni a Cristoforo Colombo che gli indios siano trattati con amore, "amorosamente", dice il testo spagnolo originale del 1501; precisa anzi che è in qualità di uomini liberi quali sono, e non come schiavi, che devono essere evangelizzati, "senza esercitare su di essi nessuna costrizione". Aggiunge nel 1503 che si tratta di agire in modo che gli indiani vivano e "siano come gli altri abitanti del nostro reame".

Non sono solo parole perché gli atti confermano ciò. Isabella fa rimandare nelle Antille, liberi, gli schiavi indios che Colombo aveva mandato in Europa per esservi venduti e destituisce Colombo. Così Isabella, in un colpo solo, fin dai primi anni della conquista, crea la libertà temporale e la libertà spirituale degli indios. E’ il vero scopritore dell’America nella fede e nell’amore. Las Casas stesso farà sempre riferimento a lei, ricordando tra l’altro: "Sua altezza non si stancava di chiedere che gli indiani fossero trattati con dolcezza, e che tutti i mezzi fossero utilizzati e messi in opera per renderli felici". Nel 1504 Isabella dice perfino che il primo intento della colonizzazione è di "portare questi popoli alla nostra santa fede cattolica". Quest’ultima frase, tratta dal suo testamento, fu la regola che ispirò non solamente un Las Casas, Vasco de Quiroga, l’apostolo del Messico, ma anche i discendenti di Isabella, cominciando da suo nipote Carlo V. E sempre in modo molto concreto perché la monarchia spagnola pagò tutte le spese dell’evangelizzazione, i viaggi e il mantenimento completo dei missionari, dalla creazione delle diocesi alla costruzione di chiese e di conventi. Ed è così che, fatto poco conosciuto, i gesuiti delle riduzioni del Paraguay (le riduzioni sono i villaggi cristiani dell’epoca) ricevevano dal re di Spagna un salario generoso ed erano finanziati nelle loro spese che assicuravano, per esempio, il costo degli addobbi sacerdotali, le campane ed altro ancora. Vari studiosi hanno sottolineato che in ogni decennio queste enormi spese avrebbero, col tempo, potuto finanziare un’altra "invincibile armata" in Europa. Invece furono dedicate ad altro dalla Spagna, un pesante fardello cristiano sopportato coscientemente e con gioia per tre secoli.

L’evangelizzazione delle Americhe null’altro è stata se non la realizzazione del disegno di Dio, di cui ha saputo mostrarsi degna. I popoli d’America sconosciuti dagli europei erano conosciuti da Dio dall’eternità e da lui protetti da quella paternità che il figlio ha rivelato nella pienezza del tempo, come leggiamo in Galati 4,9. Mai le parole di Paolo hanno risuonato più giuste; coloro che erano asserviti agli elementi del mondo, a degli dei che non erano degli dei, videro conferire l’adozione filiale come figli e come eredi. A coloro i quali, più per ignoranza che per maligna ideologia, sorridessero di queste affermazioni a dispetto di immensi archivi e testimonianze, e a dispetto del profondo cristianesimo indiano stesso, rispondiamo con le opere compiute da centinaia di miglia di cristiani, che ancora oggi sono visibili agli occhi di tutti, tranne di quelli che per partito preso e per radice anticlericale, non vogliono ammettere il grande contributo della Chiesa Cattolica nel "nuovo mondo". 

a cura di Don Salvatore Lazzara 

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