Alpini

“«Rendi forti le nostre armi contro chiunque minacci la nostra patria, la nostra bandiera, la nostra millenaria civiltà cristiana»: è la frase della Preghiera dell’Alpino che la diocesi di Vittorio Veneto, in nome del politicamente corretto, ha proibito alle "penne nere" di leggere in chiesa. Chiederei alla diocesi, per coerenza, di intimare ai fedeli pure di dimenticarsi, fra gli altri, di santa Caterina da Siena - patrona d’Italia che insistette non poco con Papa Gregorio XI affinché proclamasse una Crociata - di Pio V - papa (e santo) promotore della coalizione militare che nel 1571, in quel di Lepanto, sbaragliò la flotta turca - pure e di san Francesco d’Assisi (1182–1226), che al sultano Malik al-Kami, com’è noto, disse «i cristiani agiscono secondo giustizia quando invadono le vostre terre e vi combattono», anziché avvolgerlo in una profumata bandiera arcobaleno”, così commenta Giuliano Guzzo, dopo che si è diffusa l’incredibile notizia della censura della Preghiera dell’Alpino, da parte dell’Ufficio Liturgico di Vittorio Veneto, diocesi in passato guidata da un Papa, Giovanni Paolo I (Albino Luciani), il quale durante il suo servizio episcopale, più volte, per sedare situazioni difficili nel territorio, era stato aiutato dalle forze armate, verso le quali nutriva stima e considerazione.

Chissà quante volte nei luoghi di combattimento i nostri ragazzi, i figli del popolo, durante la guerra, avranno recitato quelle parole per trovare la forza di andare avanti tra mille stenti e difficoltà. I sacerdoti al fronte, hanno testimoniato come i soldati in fin di vita, prima di morire, portavano nelle labbra le preghiere, come conforto nel passaggio verso la vita eterna. Ma tutto questo è un passato imbarazzante da cancellare. Nel nome di una pseudo integrazione, intrisa di false promesse e progetti irrealizzabili, stiamo perdendo i valori su cui è fondata la nostra nazione e la cultura europea.

Ma la storia, quella che ha reso grande l’Italia, al politicamente corretto, non importa. Anzi cerca di negarla nel nome di quelle ideologie che proprio gli alpini hanno combattuto, affinché noi “vivessimo in un mondo più libero e giusto”. La proibizione o peggio la correzione della preghiera in nome di un falso rispetto per la diversità degli altri, è veleno che uccide l’identità dell’Italia. E’ virus letale che lentamente si insinua nelle coscienze, per distruggere quel patrimonio sociale, che è stato conquistato con il sangue. Il pacifismo non è la via del Vangelo per giungere alla pace. Non rispecchia nemmeno le parole di Gesù: "beati (quelli che si adoperano) gli operatori di pace, perchè saranno chiamati figli di Dio" (Mt 5,3-9).

"Sai chi sono gli operatori di pace di cui parla Gesù? Non sono quelli che chiamiamo pacifici, che amano la tranquillità, non sopportano le dispute e si manifestano per natura loro concilianti, ma spesso rivelano un recondito desiderio di non essere disturbati, di non volere noie. Gli operatori di pace non sono nemmeno quelle brave persone che, fidandosi di Dio, non reagiscono quando sono provocate o offese. Gli operatori di pace sono coloro che amano tanto la pace da non temere di intervenire nei conflitti per procurarla a coloro che sono in discordia. Può essere portatore di pace chi la possiede in se stesso. Occorre essere portatore di pace, anzitutto nel proprio comportamento di ogni istante, vivendo in accordo con Dio e facendo la sua volontà. Gli operatori di pace si sforzano poi di creare legami, di stabilire rapporti fra le persone, appianando tensioni, smontando lo stato di guerra fredda che incontrano in tanti ambienti di famiglia, di lavoro, di scuola, di sport, fra le nazioni, ecc..." (Chiara Lubic).

Il pacifismo è estraneo all'insegnamento della Chiesa, in quanto è frutto -soprattutto negli ultimi decenni-, delle categorie marxiste, che sono entrate nel pensiero ecclesiale post conciliare, con lo sviluppo delle varie articolazioni della teologia della liberazione, più volte condannata dalla Congregazione per la Dottrina della Fede e dai Pontefici.

Chi è il pacifinto, sostenitore del pacifismo? È quel soggetto e/o movimento che traduce tutto in pacifismo, parla di pacifismo, interpreta ogni cosa nell'ottica del pacifismo, usando metodi a volte estremi come la violenza verbale, mediatica e fisica. Non vuole in realtà la pace, ma esige l’affermazione di una ragione che ritiene giusta, e per ottenerla è capace di allearsi con il peggior nemico dell’avversario. (Il pacifinto), non ha una propria nazionalità; non ha una propria scala di valori, ma sposa quella altrui, di cui diventa difensore e paladino. Parlano di tolleranza, ma diventano intolleranti nei confronti di chi non condivide le loro posizioni. Insomma lupi travestiti da agnelli...

Ecco la cronaca degli eventi: “l'ufficio liturgico diocesano –commenta Matteo Carnieletto, per il giornale-,  ha proibito a un gruppo di "penne nere" di leggere in chiesa la loro storica preghiera. Anzi: armata di sacro fuoco della censura, la diocesi ha imposto di sbianchettare una frase giudicata troppo dura nei confronti degli stranieri: "Rendi forti le nostre armi contro chiunque minacci la nostra patria, la nostra bandiera, la nostra millenaria civiltà cristiana".

Giustamente, il presidente della sezione locale dell'Ana, Angelo Biz, ha affermato: "Sappiamo che a far torcere il naso ad alcuni ecclesiastici è la frase della preghiera in cui si chiede di rendere forti le nostre armi contro chiunque minacci la nostra civiltà cristiana. Una frase che viene subito dopo quella in cui si definiscono gli alpini 'armati di fede e di amore'. Queste sono le armi degli alpini e solo la malafede o un certo pacifismo ideologico possono pensare che gli alpini coltivino sentimenti di aggressione o di intolleranza. Gli alpini non hanno armi e la cultura che li ispira è quella di una fratellanza che non ha confini. È amaro constatare che proprio all'interno della comunità cristiana possano crescere muri, che finiscono per incidere nella serenità di rapporti, usando pretestuosamente il Vangelo della pace come una clava per rompere armonie consolidate".

È strano che la diocesi di Vittorio Veneto se la prenda con una preghiera scritta circa 80 anni fa, in tempo di guerra, e che, certamente, è stata recitata da tanti sacerdoti alpini, compreso il beato don Carlo Gnocchi. Noi per non dimenticare, la bellissima preghiera ve la proponiamo nel video seguente, accompagnata dal suggestivo canto: "Signore delle cime". Con la speranza di non essere censurati anche noi!

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Don Salvatore Lazzara

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