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Dopo le recenti polemiche sulla preghiera dell’Alpino, è opportuno consultare la storia, per comprendere il cammino -a volte tortuoso-, dell’approvazione della stessa, come testo ufficiale degli alpini in servizio e in congedo. Prima di procedere nell’indagine è opportuno dichiarare alcune precisazioni: il seguente lavoro non vuole essere una interpretazione ufficiale della questione, ma soltanto un piccolo contributo di riflessione sulla preghiera dell’Alpino. Tutte le decisioni in merito, come ho puntualizzato negli articoli precedenti, sono di esclusiva competenza dell’Ordinario Militare, al quale spetta secondo la Costituzione Apostolica Spirituali Militum Curae, intervenire, modificare, approvare tutto ciò che riguarda la vita liturgica e spirituale dei militari. Dai diversi commenti all’articolo “La preghiera dell’Alpino: diciamo no al politicamente corretto”, raccolgo l’osservazione di un lettore, Massimo Scaglione:

“<<alla tradizionale Messa dell’Assunta a cui non hanno partecipato solo gli alpini ma anche altri fedeli (non capisco questa distinzione: in tutte le Messe con le forze armate ci sono anche civili che partecipano senza sentirsi né il 30 né il 40%)>>. Questa distinzione è data dal fatto lo stesso CDN dell'Associazione Nazionale Alpini ha stabilito a metà degli anni 90 che la preghiera sia recitata, nella forma originale del 1949 quando le cerimonie sono celebrate ***in presenza di soli iscritti all’ANA*** e nel testo modificato nel 1985 in presenza di reparti alpini alle armi. Evidentemente, una normale funzione festiva dell'Assunta in cui gli alpini dell'ANA sono il 30-40%, non è né una cerimonia in presenza di soli iscritti all’ANA, né una messa con le forze armate a cui partecipano civili. Oltretutto, nemmeno in una messa con le FFAA, con o senza civili presenti, sarebbe stato possibile recitare la preghiera nella forma pre-1985”.

Risposta:

“Nel 2007 l'allora Ordinario Militare Mons. Vincenzo Pelvi, ha reinserito, nel testo della preghiera modificata nel 1985 (quella, per intenderci, recitata dagli alpini in servizio) il riferimento alla “nostra millenaria civiltà cristiana”. Per gli alpini in servizio, dunque, il “Rendici forti a difesa della nostra Patria e della nostra Bandiera” diventa “Rendici forti a difesa della nostra Patria, della nostra Bandiera, della nostra millenaria civiltà cristiana”. Di conseguenza come avviene sempre per questi casi, le precedenti norme vengono abrogate anche se non esplicitamente comunicate. Certamente era necessario dopo questo cambiamento scrivere una nota dove si puntualizzava la nuova decisione. Mons. Pelvi quindi indicava come modello da seguire per tutti (in servizio e congedo), la Preghiera dell'Alpino ulteriormente modificata. Nella Chiesa, secondo le norme vigenti in materia, nessun sacerdote può alterare a suo piacimento le preghiere. La mia sottolineatura riguarda la leggerezza con cui si è provveduto senza l'approvazione dell'autorità competente, - in questo caso l'Ordinario Militare, d’intesa con il vescovo locale -, secondo quanto stabilito dal n. 38 del primo sinodo della Chiesa Ordinariato (“Si operi con spirito di servizio e solidarietà, in piena intesa con le Chiese particolari e locali, per il bene spirituale delle Associazione d'Arma e di ex-combattenti, pur non appartenenti alla giurisdizione dell'Ordinario Militare”), alla sostituzione di alcune parole della preghiera, stravolgendone il significato. Dunque, anche se non troviamo una dipendenza diretta, nel "sentire comune" esiste quel legame affettivo, che passa dalle generazioni in servizio a quelle in congedo. Certamente in un prossimo futuro dovrà essere rivisto l’articolo per avere una visione più fluida e chiara della questione. Tutto ciò è possibile verificarlo nella prassi, guardando i video su YouTube dal 2007 in poi. In quelli che io stesso ho visionato, sia che riguardino i militari in servizio che in congedo, dopo il post communio e prima della benedizione, il testo della preghiera accompagnato in circostanze solenni anche dal canto "Dio del cielo Signore delle cime", è quello approvato da Mons. Pelvi nel 2007”.

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Nel sito ufficiale dell’ANA (Associazione Nazionale Alpini), troviamo la seguente cronologia che parte dal 1943 al 2007 e che descrive il “cursus” storico della Preghiera:

1947: ritrovamento nell archivio della famiglia del colonnello Gennaro Sora, deceduto nel 1949 dopo un avventurosa vita spesa al servizio della Patria sull Adamello, alle isole Svalbard (impresa Nobile), in Africa Orientale, in prigionia in Kenia, di una lettera alla madre in data luglio 1935. In essa compare una sua preghiera elaborata per gli alpini dell Edolo, battaglione da lui comandato, nella quale numerose sono le frasi poi diventate patrimonio di tutti gli alpini in armi e in congedo.

Nel 1943 tale preghiera, quasi nella forma attuale, circolava tra gli alpini del battaglione Val d'Adige, per l'interessamento del cappellano, padre Enrico Bianchini. Il testo, datato 1° settembre 1943 è conservato presso il Centro Studi ANA (segnalazione in data 4 luglio 2006 del col. alpino ris. Gioacchino Gambetta della sezione di Tirano).

11 ottobre 1949: don Pietro Solero, grande figura di sacerdote, di alpino e di alpinista, cappellano del 4º alpini, in un incontro con l’Ordinario Militare, mons. Carlo Alberto Ferrero di Cavallerleone, propone di Ritoccare e di rimodernare la preghiera e di concedere la facoltà di recitarla dopo la Messa in luogo della Preghiera del Soldato.

21 ottobre 1949: mons. Ferrero approva e il vicario generale, mons. Giuseppe Trossi comunica il nuovo testo della preghiera a tutti i comandanti alpini. Essa è quella nota a tutti noi e tuttora recitata dagli alpini in congedo iscritti all ANA.

1972: Mons. Pietro Parisio, cappellano capo del 4º Corpo d Armata alpino, chiede e ottiene dall’Ordinario Militare, mons. Mario Schierano, di sostituire alcune frasi ritenute non più consone al momento che l’Italia sta vivendo. Perciò il “Rendi forti le nostre armi contro chiunque minacci la nostra Patria, la nostra Bandiera, la nostra millenaria civiltà cristiana...  diventa “Rendici forti a difesa della nostra Patria e della nostra Bandiera”.

15 dicembre 1985: il testo così modificato è definitivamente approvato per cui la nuova Preghiera dell alpino diventa ufficiale.

Metà anni 90: il presidente Caprioli chiede e ottiene dal CDN che la preghiera sia recitata, nella forma originale del 1949 quando le cerimonie sono celebrate in presenza di soli iscritti all ANA e nel testo modificato nel 1985 in presenza di reparti alpini alle armi che non possono evidentemente contravvenire a ordini.

6 settembre 2007: l’Arcivescovo Ordinario Militare, Mons. Vincenzo Pelvi, ha reinserito, nel testo della preghiera modificata nel 1985 (quella, per intenderci, recitata dagli alpini in servizio) il riferimento alla “nostra millenaria civiltà cristiana”. Per gli alpini in servizio, dunque, il ““Rendici forti a difesa della nostra Patria e della nostra Bandiera” diventa “Rendici forti a difesa della nostra Patria, della nostra Bandiera, della nostra millenaria civiltà cristiana”.

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La costante storica emersa, anche se in maniera tortuosa, converge su due punti fondamentali e cruciali: la presentazione della preghiera, così come viene recitata nei reparti (in armi e congedo), e l’approvazione del testo da parte dell’autorità ecclesiastica. Evidentemente emergono lacune normative, -per quanto riguarda la recita della preghiera nelle Celebrazioni con la partecipazione degli alpini in congedo e in servizio e la conseguente versione da leggere in tali circostanze-, che speriamo presto possano essere colmate con un intervento scritto dell’Arcivescovo Ordinario Militare. Anche se la prassi non vive simili conflittualità, in quanto nelle Celebrazioni con la presenza di alpini, la preghiera recitata è quella modificata e approvata dal 2007 da Mons. Pelvi.

Ci si può chiedere a questo punto se facciano più problema le "armi" o la "millenaria civiltà cristiana"... Dunque la dichiarazione del Vescovo di Vittorio Veneto: “evidentemente questo fatto e la risonanza mediatica assolutamente esagerata che sta avendo, mi costringerà a intervenire per trovare, ovviamente in dialogo con gli alpini, una posizione che eviti il ripetersi di questi fatti”, deve avere come primo interlocutore - nella questione sollevata e in accordo con le disposizioni canoniche che riguardano il rapporto tra Chiesa particolare e Chiesa Ordinariato Militare - il Vescovo nominato dal Papa per la cura dei militari. Il Primo Sinodo dell’Ordinariato Militare, recependo e sistematizzando le norme, i decreti del Concilio, del diritto canonico e della Spirituali Militum Cure, ha così regolato il rapporto con le Chiese diocesane:

37. La giurisdizione dell'Ordinario Militare e dei cappellani, cumulativa con quella dei vescovi diocesani e dei parroci, rende possibile che i fedeli militari possano inserirsi ugualmente, se lo desiderano, nelle comunità parrocchiali militari o nelle comunità parrocchiali locali. E' bene però, per quanto riguarda la vita parrocchiale, che i fedeli operino una scelta che permetta loro la regolarità di un cammino di fede con la comunità in cui scelgono di inserirsi.

38. Si operi con spirito di servizio e solidarietà, in piena intesa con le Chiese particolari e locali, per il bene spirituale delle Associazione d'Arma e di ex-combattenti, pur non appartenendo queste alla giurisdizione ecclesiastica dell'Ordinario Militare.

39. Come tutti i cristiani, anche i militari sono chiamati da Dio alla santità che realizzano nel loro stato di militari "in quanto tali", e non "malgrado" il loro stato. Essi infatti, devono rendersi sempre più coscienti di essere "servitori della sicurezza e della libertà dei popoli e, mentre adempiono rettamente il proprio dovere, concorrono al mantenimento della pace".

A causa della poca chiarezza in materia, sul sito dell’ANA sono state segnalate alcune anomalie, dovute a questo “vuoto normativo”, che volentieri riporto (clicca qui e qui), per comprendere le difficoltà riscontrate da parte degli alpini in congedo.

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Cosa sono le associazioni combattentistiche e d’arma? Le associazioni combattentistiche dell’esercito, radunano, al di là della suddivisione in Armi (Fanteria, Cavalleria, ecc.) o Categorie (Ufficiali, Sottufficiali, ecc.), tutti coloro che hanno combattuto o sono reduci di guerra o prigionia. Generalmente lo scopo appena dichiarato per le associazioni in congedo, vale anche per le altre Forze Armate: Marina, Aeronautica, Carabinieri. Nello specifico, gli scopi dell'associazione nazionale Alpini, riportati all'art. 2 dello statuto sono i seguenti:

- tenere vive e tramandare le tradizioni degli Alpini, difenderne le caratteristiche, illustrarne le glorie e le gesta;

- rafforzare tra gli Alpini di qualsiasi grado e condizione i vincoli di fratellanza nati dall'adempimento del comune dovere verso la Patria e curarne, entro i limiti di competenza, gli interessi e l'assistenza;

- favorire i rapporti con i Reparti e con gli Alpini in armi;

- promuovere e favorire lo studio dei problemi della montagna e del rispetto dell'ambiente naturale, anche ai fini della formazione spirituale e intellettuale delle nuove generazioni;

- promuovere e concorrere in attività di volontariato e Protezione Civile, con possibilità di impiego in Italia e all'estero, nel rispetto prioritario dell'identità associativa e della autonomia decisionale.

- Per il conseguimento degli scopi associativi l'Associazione Nazionale Alpini, che non ha scopo di lucro, si avvale in modo determinante e prevalente delle prestazioni personali, volontarie e gratuite dei propri soci.

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Conclusioni

L’episodio accaduto, al di là delle interpretazioni giornalistiche, ha messo in evidenza un problema a cui è necessario rispondere con chiarezza. L’Italia vive un momento storico particolare causato dalla crisi dei valori che hanno fondato il tessuto sociale. Cambiare parole, stravolgere significati, significa picconare l’impegno di centinaia di migliaia di giovani che hanno lottato per la pace e la libertà. Spostare l’asse culturale verso lidi ambigui, è operazione assai dannosa e pericolosa. Il dialogo a cui in questi giorni hanno fatto appello innumerevoli personalità, non può prescindere dal sostegno all’identità di cui facciamo parte. L’integrazione intesa in senso ideologico (cioè scomparsa dei segni e dei simboli per non urtare la sensibilità altrui), come abbiamo potuto notare in diverse altre nazioni, ha portato a risultati disastrosi. Tutti siamo chiamati come insegna Gesù nel Vangelo ad “accogliere”, “aiutare e sostenere” quanti, come profughi, sono in fuga dai loro paesi di origine per motivi religiosi, politici e di sopravvivenza. Altresì deve essere richiesto, a quanti non fanno parte del nostro patrimonio culturale e religioso, di ricambiare l’aiuto fraterno, accettando usi, costumi e tradizioni, come arricchimento inclusivo del personale bagaglio di crescita umana e spirituale.

Certamente non tutti quelli che varcano la soglia dell’Europa, hanno intenzioni buone: i componenti dello Stato Islamico, così come hanno dichiarato i responsabili più volte, sono entrati tramite i barconi nelle nostre terre per avviare la conquista islamica dell’Occidente, non solo con l’uso della forza ma anche attraverso l'aggressione morale, mediatica e demografica. Gli europei stanno diventando una minoranza rispetto agli stranieri residenti, che investono sulla nascita di tanti figli e che pertanto diverranno presto maggioranza, quindi con una capacità di incisione di notevoli proporzioni sia sul piano sociale sia politico.

L’obiettivo dei fondamentalisti è quello di abbattere il Cristianesimo e l’Occidente, per costruire una società basata sulla Sharia e la legge coranica. In quest’ottica, la debolezza del pensiero e il relativismo aggressivo, nei confronti dei valori, causa la perdita di ciò che ci ha resi popolo. Dunque le parole "integrazione" e "accoglienza" possono diventare armi a doppio taglio se non viene compiuto il dovuto discernimento. Proclamare ed affermare di essere figli "di una millenaria civiltà cristiana" non dovrebbe essere una vergogna, o - peggio - un motivo di divisione con chi professa una fede diversa, ma esperienza essenziale su cui intavolare il dialogo. D'altronde è la stessa "strategia" usata dai musulmani nei confronti di quanti vanno a vivere nei loro paesi. L’Occidente, stanco e ripiegato in se stesso, avrà un futuro soltanto -come più volte gridò San Giovanni Paolo II, ripreso dal Papa Emerito Benedetto XVI- quando finirà di attaccare i pilastri umani, sociali e spirituali su cui è stata fondata.

Don Salvatore Lazzara e Paolo Coveri*

Riprendiamo la nota del sito il timone.org, e il servizio de il giornale.it sulla figura del sacerdote che ha innescato la polemica sulla preghiera dell’alpino: "Ha suscitato un notevole clamore la censura della preghiera degli Alpini a una Messa nella chiesa di Passo San Boldo, provincia di Treviso e diocesi di Vittorio Veneto. Ma la decisione del celebrante, padre Francesco Rigobello, servita dell’Abbazia di Follina (TV), nella foto, non è stata proprio un “fulmine a ciel sereno”. Di seguito la cronaca di un’omelia tenuta dal religioso nel 2006, presso la chiesa di San Carlo al Corso, a Milano". Per approfondire la notizia, clicca qui e qui. 

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