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Vatileaks due prende sempre più i contorni di una farsa. Su cosa ci sia stato davvero tra monsignor Balda e Francesca Immacolata Chaouqui, imputati in Vaticano e indagati dalla Procura di Roma per istigazione alla concussione e spionaggio informatico, le versioni ancora divergono come riporta La Repubblica.  La pierre ha negato: “Nell’albergo di Firenze c’erano due stanze prenotate e monsignore è venuto con la madre. A meno che non avessimo coinvolto la madre…”.  Ma Balda, citando due testimoni, ai suoi legali ha riferito che le camere offerte da un tour operator erano tre, che il giorno dopo il personale delle pulizie del Cavalieri Palace trovò la stanza assegnata alla Chaouqui in perfetto ordine e nella stanza di monsignor Balda recuperò un baby doll rimasto in custodia all’albergo. La sera successiva il monsignore, sua madre e la Chaouqui sarebbero andati a vedere lo spettacolo di Panariello. La foto ripropone una scena di “Baby Doll” un film del 1956 diretto da Elia Kazan, con Carrol Baker e Karl Malden.

Negli ultimi tempi, i mezzi di comunicazione sembrano indaffarati ad andare dietro a tutti i sospiri dei maggiori imputati, monsignor Balda e la Chaoqui, per dimostrare quanto la Chiesa sia cattiva e di conseguenza non degna della fiducia dei fedeli. Secondo i “nuovi moralizzatori”, la Santa Sede vuole limitare la libertà di espressione, per non mettere in circolo le “verità scomode” del Vaticano. Niente di più falso, afferma il direttore della Bussola Quotidiana Riccardo Cascioli, che mette in chiaro un concetto: “Deve esser chiaro che non c’è nulla che giustifichi tali azioni, anche se qualcuno pensasse in questo modo di fare il bene del Papa o della Chiesa”. Detto ciò, la sua analisi non risparmia una velata critica alla selezione del personale Oltretevere. “È vero che dato il funzionamento della macchina vaticana, la trafila ordinaria per le nomine può risultare farraginosa e rimanere ostaggio di burocrazia e cordate varie. Ma è altrettanto vero che le scelte fatte sulla base di intuizioni o di segnalazione degli amici degli amici, al di fuori di processi seri di selezione, comportano altrettanti rischi, se non peggiori”.

nuzziqqMario Adinolfi, sulla Croce critica aspramente i giornalisti, che si sono innalzati a “paladini dell’unità della Chiesa”, prendendo spunto da alcune parole dalla canzone Santa Lucia di Francesco De Gregori. “La verità è che l’incrocio tra interessi colossali (economici, editoriali, giornalistici, di potere) ha ‘bruciato vivo’ qualcuno e questa ‘corona di stelle e di spine’ che è la Chiesa è attraversata dall’assalto di chi vuole dividerla, per indebolirla, per abbatterla – scrive Adinolfi -. Il progetto è sempre lo stesso, usare la narrativa ‘politica’ per raccontare una Chiesa composta da gruppi di avide bande che il Papa “rivoluzionario” vorrebbe scacciare”. Quindi la conclusione: “Se i cattolici resteranno uniti, l’assalto non produrrà che qualche ammaccatura. Agevolare la strategia divisiva può invece causare conseguenze catastrofiche per la Chiesa. Preghiamo davvero Santa Lucia ‘per le persone facili che non hanno dubbi mai’. Qui servono occhi per vedere”.

A proposito della Chaoqui, il settimanale dei Paolini, Famiglia Cristiana, ricorda non senza una vena polemica come la giovane pr calabrese pur avendo “costantemente informati della sua vita via social network non ha avuto invece il tempo di postare nulla sul suo arresto”. In realtà, il giorno dopo la pubblicazione dell’articolo, avvenuta il 2 novembre, la commissaria ha ripreso il suo attivismo sui social dichiarandosi innocente, smentendo interviste e fornendo la sua versione. Famiglia Cristiana però ha continuato severamente a bacchettarla. “Per una esperta di comunicazione che era stata chiamata al ruolo di commissaria pontificia per il riordino dei dicasteri economici della Santa Sede – scrive – la discrezione doveva essere tutto. E invece per la lobbista rampante e con esperienze nel gruppo Ernst & Young, il primo scandalo che nell’estate del 2013 la vede al centro della bufera riguarda proprio una serie di suoi incauti tweet al veleno su Benedetto XVI , sul cardinale Tarcisio Bertone e sull’ex ministro Giulio Tremonti. Tutti cinguettii che lei disse di non riconoscere come suoi (‘sono stata vittima di sciacallaggio‘) e pubblicati su Twitter tra il 2012 e il 2013, per poi essere subito rimossi dall’autrice dopo l’esplosione dello scandalo su giornali e tv”. Il settimanale rileva infine come “ciò che fin da subito ha creato imbarazzo Vaticano è stata la conoscenza di Chaoqui con il giornalista Gianluigi Nuzzi, autore del libro Sua Santità, contenente i documenti rubati da Paolo Gabriele a Benedetto XVI ai tempi del primo Vatileaks.

Sotto la lente di ingrandimento di Luigi Amicone, direttore di tempi.it, finiscono i giornalisti Gianluigi Nuzzi ed Emiliano Fittipaldi, autori dei libri-inchiesta Via Crucis e Avarizia nei qualiva11aa sono pubblicati documenti rubati in Vaticano. “Non ci vuole un gran paladino della legalità, e nemmeno una guardia svizzera di comprovata fedeltà papista, per capire che rubare e ricettare documenti e informazioni (addirittura registrazioni di colloqui privati) non è un gran bel modo di servire una qualunque causa, per nobile che sia”. “Stupisce perciò, anzi fa ridere che Emiliano Fittipaldi e Gianluigi Nuzzi, il giornalista dell’Espresso e il suo collega di Mediaset autori dei due libri maltrattati da padre Lombardi, scelgano di difendersi dalle accuse di ricettazione dichiarandosi praticamente banditi gentiluomini al servizio del bene”. Secondo il giornale web, “è improbabile che un’operazione mediatica così torbida si tramuti misteriosamente in un miracolo di trasparenza”. Anzi, “l’unica certezza è che la fuga di notizie servirà a portare tanta misericordia nelle tasche di Nuzzi, Fittipaldi e dei loro gruppi editoriali di riferimento”.

Nella polemica che arroventa le prime pagine dei giornali più importanti d’Italia, interviene Papa Francesco sul volo di ritorno dallo storico viaggio in Africa. Stranamente nessuno dei media che in questi giorni hanno scritto di tutto e di più, hanno ripreso i concetti espressi dal Pontefice: Tredici giorni prima della morte di Giovanni Paolo II, l’allora cardinale Ratzinger – ha ricordato Francesco- guidava la via crucis del venerdì santo e ha parlato di sporcizia della Chiesa, lui l’ha denunciato – ha rimarcato – lui è stato il primo, poi nuovamente, quando Giovanni Paolo II è morto, nella messa ‘pro eligendo pontifice’ ha parlato ancora. “Noi – ha scandito il Papa – lo abbiamo eletto per questa libertà di dire le cose: è dal quel tempo che in Vaticano c’è la corruzione, e su questo giudizio io ho dato ai giudici le accuse concrete”. Ora, ha detto Bergoglio, la palla passa a giudici e avvocati, la difesa deve presentare le eccezioni, “sono cose concrete e tecniche – ha detto – non le ho lette, avrei voluto che il processo fosse concluso per l’8 dicembre, per l’anno della misericordia, ma credo che non si possa, vorrei che tutti gli avvocati abbiano tempo di difendere, c’è il diritto alla difesa, ma – ha rimarcato – la corruzione viene da lontano”. Come evitare che queste cose si ripetano? “Ringrazio Dio – ha risposto papa Francesco – che non ci sia Lucrezia Borgia, non so, ma con i cardinali continuiamo la pulizia”.

Il rinnovamento non si fa vendendo notizie mascherate da un fantomatico bene per il Papa e la Chiesa. Il cambiamento passa attraverso il lavoro silenzioso delle coscienze.  Chi ha orecchi per intendere, intenda.

Don Salvatore Lazzara

 

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