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Da qualche giorno si dibatte sulla necessità o addirittura sull'opportunità che il popolo del Family Day dia vita a una specifica formazione politica. Ieri, la testata giornalistica online di riferimento, ha infiammato le attese annunciando la nascita del partito: "il popolo della famiglia". Ognuno è libero di intraprendere le strade che ritiene migliori in un dato momento storico, perché mezzi e strumenti diversi possono essere utili a portare avanti in maniera complementare la stessa causa comune. Mi sento, però, di ricordare a quanti sostengono che in Parlamento nessun partito abbia rappresentato le istanze del Family Day, che tale affermazione é errata. Una specifica formazione politica è stata l’unica a votare compatta contro le unioni civili targate prima Cirinnà, poi Renzi-Alfano-Verdini. La famiglia, non può rischiare di diventare monopolio assoluto di un unico simbolo o di un'unica sigla, ma deve continuare ad essere patrimonio di tante realtà diverse, che lavorano insieme, ogni giorno, per una grande battaglia comune: dal Comitato 'Difendiamo i nostri figli', dai cittadini ai rappresentanti delle istituzioni, laiche e cattoliche, che condividono principi e valori comuni considerati non negoziabili o sensibili.

Data l’accelerazione su alcuni temi sensibili, come la stepchild adoption, l’eutanasia e la legalizzazione delle droghe, con la conseguente mancanza di interlocutori politici "affidabili", la tentazione di creare un nuovo partito è ben comprensibile. Eppure… Dopo il Family Day del 2007, tutti i laici che ne erano stati protagonisti, in molti sono entrati in Parlamento, sparsi in diversi partiti. Risultato: il movimento delle famiglie è stato decapitato, è rimasto senza una guida e nella società tutto si è fermato; mentre in Parlamento quella presenza qualificata si è praticamente dissolta (e oggi alcuni di quelli che si erano battuti contro i Di.Co. sono diventati favorevoli alle ben peggiori unioni civili). Altre realtà, come il Movimento per la Vita, poste sotto la guida di un parlamentare sono state soffocate dalle esigenze politiche di chi le guidava. In ogni caso, la confusione o la commistione tra presenza nella società e attività parlamentare, non porta al bene, né è giusto sottostimare l’importanza di un movimento popolare.

Il nome della formazione politica. Il “popolo della famiglia” non solo dà l’impressione di un partito monotematico –che probabilmente (e ci auguriamo di no), è già garanzia di insuccesso, vedi Giuliano Ferrara-, ma si appropria indebitamente di una realtà che è ben più grande del partito stesso. Significa far coincidere il Family Day con questa particolare espressione politica, identificazione che non solo non è corretta, ma è certamente dannosa. Un eventuale insuccesso politico del partito verrebbe immediatamente letto dai media come la sconfitta dell’intero popolo di Piazza san Giovanni e del Circo Massimo, con tutte le conseguenze del caso.  Ad esempio l’esperienza slovena dove il comitato “Si tratta dei nostri bambini” è riuscito in poco tempo a vincere un referendum abrogativo sulle nozze gay appena introdotte nell'ordinamento; o al caso della Slovacchia, dove grazie all'aperto sostegno delle gerarchie ecclesiastiche si è riusciti a portare il tema del simil matrimonio in una consultazione referendaria. Anche il movimento per le famiglie in Croazia ha fatto cose esemplari, ma quando si è presentato alle elezioni lo scorso autunno il suo stesso simbolo, il risultato è stato misero sul piano elettorale e non per l'impegno dei militanti: appena 30mila voti, eppure avevano l’onda lunga dell’entusiasmo del referendum vinto due anni fa. Anche in Spagna l’appoggio informale di movimenti pro life a partiti che avevano nel programma un aperto sostegno alle politiche della famiglia non è bastato per far ottenere loro il minimo per entrare in Parlamento.

Per non cadere nel rischio del flop, propongo ai fondatori del “popolo della famiglia” alcune domande:
1)
Fede. Vi presentate come un partito che chiama a raccolta i cattolici. Siete dunque per l’abolizione del divorzio, della legge infanticida 194/78 (aborto), di ogni forma di “unione civile” diversa dal matrimonio e di ogni forma di fecondazione artificiale?
2) Gerarchia. Agite di concerto con la Conferenza Episcopale Italiana?
3) Visione politica generale. Creare un movimento politico significa avere una visione complessiva della realtà: la politica non è "solo" familiare. Avete uno sguardo unitario sugli scenari economici? Sulla questione giovanile? Sulla povertà? Sulla sicurezza e sulla giustizia? Sulla bioetica e sulla sanità? Sui grandi temi internazionali? Sull’Unione Europea? Sul tema migratorio? Sulla riforma costituzionale? Se sì, in cosa consiste?
4) Orizzonte partitico. Entrerete in una delle coalizioni esistenti (se sì, quale)? Siete pronti a dichiarare pubblicamente che nel caso in cui il vostro progetto non raggiungesse i suoi obiettivi, non tentereste di “riciclarvi” in altri partiti (rendendo questo movimento un semplice trampolino di lancio o un aggregatore di voti da cedere)?

I promotori del nuovo partito, hanno chiamato a raccolta i cattolici. Ma in questo momento storico, è opportuno interpellare solamente i cristiani, per arginare la deriva ideologica che la politica porta avanti con ostinata arroganza per andare incontro alle “esigenze” del politicamente corretto? Chiariamo una volta e per tutte una questione spinosa. Non esistono politici cattolici ma piuttosto cattolici in politica che, con la loro testimonianza, autenticità ed onestà morale, visibile a tutti, a cominciare, anzitutto, dal pensare e realizzare buone leggi nel Diritto e nella Morale Naturale, si adoperano per questa sana e continua tensione. Consapevoli del limite oggettivo del cammino di autocoscienza della polis in cui essi sono presenti. Coscienza ben formata vuole che davanti a leggi oggettivamente ingiuste essi si pongano in obiezione di coscienza e pagando fino in fondo, se necessario, senza cedere di un millimetro. Il compromesso dunque non è operativo, in una sorta di adattamento al ribasso morale, magari per il bene di evitare “tensioni”, ma piuttosto nell’evitare l’intenzionalità fondamentalistica del voler a tutti costi – magari con la prepotenza e con l’uso del potere – attuare il “programma” delle Beatitudini evangeliche in politica. Senza la semente della testimonianza, fino alla fine, con scelte chiare ed evidenti, non c’è fecondità politica. La politica deve tener conto di tutto un contesto sociale composto da credenti e non credenti e oggi più che in passato anche con la presenza di altre religioni. Ciò non toglie che la legge naturale è uguale per tutti e va difesa, rispettata e sostenuta anche e soprattutto da quanti dicono di voler rappresentare in parlamento le istanze del cittadino. In modo particolare nel contesto odierno, dove forze non tanto oscure stanno tentando di distruggere tutti valori che hanno da sempre fondato l’umanità.

Il ruolo proprio della Chiesa non è quello di guidare la Polis ma di annunciare il Regno. Sarebbe grave e mancherebbe gravemente se la Chiesa riducesse il suo agire al di fuori della logica del Mistero Pasquale. E’ compito dei fedeli laici, nelle autonomie che sono loro proprie, quello di animare e rendere feconda la Polis secondo i preambula evangelii che sono i principi non negoziabili e i valori sociali che da essi derivano e, poi, con la proposta delle esigenze della morale evangelica. Questo non significa che c’è una doppia morale. Quella dei principi non negoziabili e quella del Vangelo. Ma che, appunto, la morale del Vangelo è innestata profondamente nella razionalità e nella natura profonda dell’umanità. Seme che Dio stesso ha voluto come “capax” necessaria perché il Vangelo permei tutto il vissuto dell’uomo con gradualità e secondo logica dell’incarnazione. C’è un orientamento, un seme, un preambolo, appunto, che aiuta il Vangelo ad essere poi colto ed attuato, ove possibile.

Infine a cosa deve “servire” la politica? Innanzitutto, mettere da parte le ragioni infime, come quelle del potere, del mercato, per avere realmente a cuore, il bene comune. Per paradosso potremmo dire che proprio l’accento continuo al poltronismo, alle logiche dei numeri, del potere e soprattutto dell’economia, hanno fatto sì che le formazioni partitiche ora presenti facciano di tutto fuorché politica. E’ ora di aprire la finestra del bene e cambiare aria guardando e desiderando nuovi orizzonti.

Don Salvatore Lazzara

 

Per la stesura dell'articolo, ho fatto liberamente riferimento alle seguenti fonti:
il family day deve collegarsi ad altre esperienze europee; la nostalgia del partito cattolico; un brutto modo di dare seguito ai family day; nasce il movimento politico 'popolo della famiglia; On. Cristina Cappellini.

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