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L’inizio del nuovo anno, ricorda la storia di don Fabrizio De Michino 31 anni, un giovane sacerdote della diocesi di Napoli, che da anni lottava contro una grave malattia. Una persona ancora giovane muore per un tumore: un fatto che, purtroppo, non è unico. E non è unico neanche il fatto che lo stesso giovane viva in maniera santa, con una grande serenità, gli anni del dolore e della sofferenza fisica, come è accaduto a don Fabrizio. Storie che molti di noi hanno incontrato, ma di cui non si parla mai sui media. Eppure costituiscono una “notizia” ben più importante di tante altre, perché contengono le ragioni stesse del vivere, che sono la cosa più preziosa che possiamo chiedere. Prima di morire, tra lancinanti sofferenze, ha preso carta e penna per scrivere una bellissima e accorata lettera a Papa Francesco, dove offriva la sua malattia per il Papa e la Chiesa:

A sua santità Francesco.
Santo Padre Nelle mie quotidiane preghiere che rivolgo a Dio, non smetto di pregare per Lei e per il ministero che il Signore stesso Le ha affidato, affinchè possa darle sempre forza e gioia per continuare ad annunciare la bella notizia del Vangelo. Mi chiamo Fabrizio De Michino e sono un giovane sacerdote della Diocesi di Napoli. Ho 31 anni e da cinque sacerdote. Svolgo il mio servizio sia presso il Seminario Arcivescovile di Napoli come educatore del gruppo dei diaconi, che in una parrocchia a Ponticelli, che si trova alla periferia est di Napoli.
La Parrocchia, ricordando il miracolo avvenuto sul colle Esquilino, è intitolata alla Madonna della Neve e nel 2014 celebrerà il primo centenario dell’Incoronazione della statua lignea del 1500, molto cara a tutti gli abitanti. Ponticelli è un quartiere degradato con molta criminalità e povertà, ma ogni giorno scopro davvero la bellezza di vedere quello che il Signore opera in queste persone che si fidano di Dio e della Madonna. Anch’io da quando sono in questa parrocchia ho potuto ampliare sempre più il mio amore fiducioso verso la Madre Celeste, sperimentando anche nelle difficoltà la sua vicinanza e protezione. Purtroppo sono tre anni che mi trovo a lottare contro una malattia rara: un tumore proprio all’interno del cuore e da qualche mese anche nove metastasi al fegato e alla milza. In questi anni non facili, però, non ho mai perso la gioia di essere annunciatore del Vangelo. Anche nella stanchezza percepisco davvero questa forza che non viene da me ma da Dio che mi permette di svolgere con semplicità il mio ministero.
C’è un versetto biblico che mi sta accompagnando e che mi infonde fiducia nella forza del Signore, ed è quello di Ezechiele: “Vi darò un cuore nuovo, metterò dentro di voi uno Spirito nuovo, toglierò da voi il cuore di pietra e vi darò un cuore di carne.” (Ez 36, 26) In questo tempo molto vicina è la presenza del mio Vescovo, il Card. Crescenzio Sepe, che mi sostiene costantemente, anche se a volte mi dice di riposarmi un po’ per non affaticarmi troppo. Ringraziando Dio anche i miei familiari e i miei amici sacerdoti mi aiutano e sostengono soprattutto quando faccio le varie terapie, condividendo con me i vari momenti d’inevitabile sofferenza. Anche i medici mi assistono tantissimo e fanno di tutto per trovare le giuste terapie da somministrarmi.
Santo Padre, sarò stato un po’ lungo in questo mio scritto, ma volevo solamente dirLe che offro al Signore tutto questo per il bene della Chiesa e per Lei in modo particolare, perché il Signore La benedica sempre e La accompagni in questo ministero di servizio e amore. Le chiedo, nelle Sue preghiere di aggiungere anche me: quello che chiedo ogni giorno al Signore è di fare la Sua volontà, sempre e comunque. Spesso, è vero, non chiedo a Dio la mia guarigione, ma chiedo la forza e la gioia di continuare ad essere vero testimone del suo amore e sacerdote secondo il suo cuore. Certo delle Sue paterne preghiere, La saluto devotamente.
Don Fabrizio De Michino.

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La storia ha commosso milioni di persone, che per mesi hanno condiviso e commentato il tragico epilogo della vita del giovane sacerdote. Ancora, dopo due anni, il ricordo di Don Fabrizio, interpella la coscienza di quanti lo hanno conosciuto e apprezzato. Il fratello, pochi giorni dopo la morte del sacerdote, ha mandato alla rivista “Famiglia Cristiana”  un messaggio che racconta la forza e la grandiosità d'animo di Fabrizio, nell'affrontare la terribile malattia, senza mai perdere la "voglia di Cristo". Leggetelo fino in fondo, è una medicina per il nostro di cuore:

Gentile redazione di Famiglia Cristiana,
sono Fabio De Michino il fratello del sacerdote salito al cielo il 1° gennaio di cui è stata pubblicata la lettera inviata a Papa Francesco. Attraverso la vostra pubblicazione migliaia di persone sono venute a conoscenza dell'accaduto. Questo non può che rendere felice me e la mia famiglia in un momento così particolare della nostra vita. Che Fabrizio era speciale noi lo capivamo già da quando era piccolo. Infatti amava giocare a fare il prete e costringeva tutti noi a partecipare alla messa che giocando prendeva molto seriamente. La sua più grande passione era la messa domenicale e guai a chi gliela negava. Un giorno eravamo a casa della nonna paterna e per via del brutto tempo, nostra madre e la stessa nonna, decisero che era meglio per lui rimanere a casa (aveva al massimo 7 anni). La sua voglia di Cristo lo portò in quell'occasione a sferrare un calcio nel vetro di una finestra fino a romperlo completamente.
Da quel giorno nessuno mai ha più proibito a lui di saltare una sola liturgia. Io con mio fratello ho giusto un anno di differenza; infatti a settembre, se Dio vuole, compirò anch'io 31 anni. Questo per dire che in pratica siamo stati come gemelli (in realtà ci scambiavano ancora per tali) e abbiamo sempre camminato insieme. Stesse scuole (fino alla decisione che poi ha preso di entrare in seminario), stessi giochi e stesse amicizie. In pratica un'anima in due corpi! Io e la mia famiglia abbiamo accettato con gioia la sua scelta di diventare sacerdote perché notavamo un qualcosa in più che Fabrizio aveva. Lo abbiamo accompagnato con gioia in tutte le tappe che il cammino da seminarista gli metteva davanti e man mano che il tempo passava ci accorgevamo di una luce nuova che il suo volto irradiava e di un sorriso che contagerà tutt'oggi tutte le persone che lo incrociavano.
Dal giorno della sua ordinazione la nostra vita è cambiata profondamente. Fabrizio è sempre stato molto, ma molto timido e non diceva una parola in più di quella che gli si chiedeva; ha sempre vissuto in un silenzio che adesso ci accorgiamo valere più di mille parole. Dalla sua prima celebrazione rimanemmo folgorati dal modo con il quale predicava la parola di Dio. Le sue omelie mai pesanti e neanche troppo lunghe arrivavano direttamente al cuore dei fedeli che (come noi) restavano rapiti da un suono dolce ma potente e soprattutto ipnotizzante. Fabrizio dell'altare tramandava un’indescrivibile amore per la parola di Dio che difficilmente si riesce a spiegare. Nel corso del tempo si dedicò in anima e corpo al ministero sacerdotale dando una particolare attenzione ai giovani e soprattutto ai bambini con i quali riusciva ad instaurare un dialogo silenzioso ma carico di significato. Si avvicinava agli adolescenti attraverso la tecnologia; grazie al perfetto utilizzo del pc e una passione innata per la radio, tanto da fondarne una dalla quale trasmetteva, nel vero senso, la Parola di Dio associata alle canzoni più in voga del momento. Costruì inoltre un sito internet personale (donfabrizio.it) dove di domenica in domenica anticipava la lettura del Vangelo per commentarla e per commentare con tutti. Nella sua pagina c’è una “storia per riflettere” dove narra di un seme che morendo da vita a molti altri semi, quasi come avesse voluto annunciare in anticipo il frutto del suo sacrificio.
Purtroppo dopo 2 anni di sacerdozio giunge un fulmine a ciel sereno. Era il 4 novembre 2010 quando Fabrizio celebrò il matrimonio del nostro fratello maggiore Francesco (nello stesso giorno del suo onomastico). Non dimenticheremo mai quella celebrazione. Fabrizio pianse dall'inizio alla fine della celebrazione ma con un pianto inspiegabile, quasi di disperazione, tanto che a fatica riuscì a terminarla. Noi ancora oggi rivedendo il filmato non riusciamo a capire quella quasi disperazione del suo pianto. O meglio, forse adesso si inizia a delineare un qualcosa di molto più grande che nostro fratello celava. Il giorno dopo, 5 ottobre 2010, ricorrenza mensile della festa della Madonna della Neve (a cui era dedicata la parrocchia dove svolgeva servizio come vice parroco), Fabrizio dopo essere sceso alle 5 e 45 del mattino per la prima celebrazione ritorna a casa poco dopo lamentando un forte dolore toracico che gli toglieva perfino il respiro.
Preoccupati per le sue condizioni e per una predisposizione familiare a patologie coronariche, andiamo in ospedale dove, dopo tanto tempo e tante sue perdite di conoscenza, gli diagnosticano una pericardite ossia la formazione di liquido intorno al cuore, che richiedeva un ricovero urgente in un altro ospedale attrezzato con il reparto di cardiochirurgia semmai questo liquido aumentando comprimesse ulteriormente il cuore con esito fatale. Dopo circa una settimana e senza ausilio di alcun intervento, se non farmacologico, tutto si era risolto e Fabrizio era pronto ad uscire. Nell'ultimo controllo (casuale) prima della dimissione un medico scopre una formazione solida all'interno del cuore.
Da lì in poi inizierà un vero e proprio calvario che Fabrizio ha affrontato sempre con quel silenzio disarmante e con il solo rammarico di non poter svolgere il suo servizio. Fu dunque costretto a subire un primo intervento chirurgico (riguardante l'asportazione di parte del cuore dove era "attaccata" la massa tumorale) e, vista l'istologia sfavorevolissima (angiosarcoma miocardico!!!), lunghi periodi di chemioterapie e radioterapia (eseguita a Milano per circa 2 mesi). Già qui aumentava a vista d’occhio la potenza di Dio in lui. Infatti nei giorni della chemioterapia Fabrizio, non appena terminata la seduta, chiedeva di ritornare in seminario (dove pernottava) nonostante gli effetti collaterali che tutti conoscono. Passa il tempo e per grazia di Dio i successivi controlli clinici dimostrarono una scomparsa totale della malattia.
Purtroppo, però, dopo un anno e mezzo nel corso di una semplice ecografia cardiaca si nota una ripresa della malattia proprio nello stesso punto della volta precedente. Per la seconda volta mio fratello si trovò ad affrontare il Calvario ma questa volta con una croce ben più pesante. L'intervento precedente e le terapie effettuate in passato rendevano quasi impossibile un nuovo trattamento. Nonostante questo i medici vista la sua giovane età fanno un tentativo disperato. Una radioterapia chirurgia (e rischiosissima) con una dose eccessiva di radiazioni presso l'ospedale Careggi di Firenze dove restò ricoverato per quasi un mese, strappandolo ancora una volta alla sua gente e alle sue attività, ma senza scoraggiarlo; infatti non perdeva occasione per celebrare messa in qualunque posto fosse possibile. Le cose poi andarono meglio fino al mese di luglio dello scorso anno quando nel corso di un esame si mostrò una compromissione del fegato e della milza. Da lì in poi è accaduto di tutto... E non mi riferisco alla sola componente patologica e umana. Da quel giorno io e la mia famiglia, che abbiamo avuto l'onore di seguirlo nella malattia, abbiamo visto Cristo nella nostra casa e sul volto di Fabrizio.
Nonostante tutte le sofferenze atroci lui era sempre sereno (molto più di noi), tanto che amavano stargli vicino. Non è difficile infatti che la prima reazione nei confronti di un ammalato è quella di fuggire quanto più lontano possibile affinché il dolore non raggiunga la quotidianità della tua vita. Noi invece stavamo meglio in quella strana sofferenza e percepivamo uno strano senso di piacere. Non dilungandomi arriviamo nel mese di ottobre dove le cose iniziano a precipitare. Le condizioni erano sempre più difficili e lui non si sentiva più come quello di una volta. Ma è proprio nel mese di ottobre che capita un primo "miracolo"; arriva, in seguito ad una lettera inviata da un suo amico sacerdote, l'invito del Santo Padre Francesco a concelebrare con Lui la Santa Messa del giorno 25. Con incredulo stupore quel giorno fu per Fabrizio quasi una resurrezione. Stranamente affrontò il viaggio con serenità e nel pieno delle sue forze e, arrivato fuori al Vaticano, percorse da solo e con estrema rapidità la strada (non breve) che lo divideva dall'edificio dove avrebbe incontrato Sua Santità. Io lo accompagnai e, anche se rimanendo fuori, ero felice perché sapevo che mio fratello aveva scritto una lettera al Papa all'interno della quale sicuramente chiedeva la guarigione. Ero felice perché credevo che saremmo ritornati a casa con la guarigione di Fabrizio. Dopo una giornata stupenda e senza fatica torniamo a Napoli.
E qui le cose non cambiano, anzi peggiorano tanto da richiedere 6 ricoveri ospedalieri nel giro di due mesi. Sono stati questi i momenti più intensi per lui, per noi e per chi lo ha seguito nella malattia che giorno dopo giorno trasformava il suo corpo ma non il suo spirito. Con le pochissime forze restategli voleva servire solo Dio e si disperava se il fisico non glielo consentiva, e nonostante questo l’unico momento della giornata in cui apriva gli occhi era quello della preghiera; con una puntualità disarmante e con un’attenzione che si accendeva solo in quegli istanti prendeva e leggeva il Breviario quasi come fosse la migliore medicina e, una volta terminato, ritornava nel suo consueto torpore da insufficienza epatica. Una volta ci disse: “non riesco nemmeno a dire la messa”, ma lo faceva lo stesso. Infatti negli ultimi giorni (compreso quello di Natale) ha concelebrato qui a casa avendo gli occhi chiusi senza riuscire ad alzarsi o imporre le mani durante la consacrazione.
Con le sue ultime forze e con il respiro che peggiorava a vista d'occhio ha aspettato poi il trascorrere delle feste (rinviando un ulteriore ricovero all'anno nuovo che sarebbe servito a riprendere la terapia antitumorale) restando con estremo sacrificio seduto in cucina con noi la sera di capodanno per aspettare la mezzanotte, per poi ritornare in camera da dove poche ore dopo sarebbe uscito tra le braccia della sua amata Mamma celeste. È proprio lo stesso giorno in cui vengo a scoprire la lettera che Fabrizio scrisse e consegnò a Papa Francesco, di cui ora quasi tutto il Mondo è a conoscenza. Lo schianto nel leggere quella frase "non chiedo la mia guarigione" è stata come una spada che trafigge il cuore. Ma solo per un attimo. Perché ho avuto la conferma della grandezza di Fabrizio e dell'amore che provava per Dio. E così dopo una settimana giusta mi trovo con la famiglia ad avere un "cuore nuovo" che dona una strana serenità in un periodo che nessuno ci invidia ma che nessuno sicuramente può comprendere. Chiedo scusa per il lungo discorso e per il racconto ma ci tenevo a ringraziare voi per la pubblicazione che ha permesso di fare ampliare la conoscenza verso un "sacerdote semplice ma non un semplice sacerdote". E ci tengo a farlo più come cristiano che come fratello.
Con affetto.
Fabio De Michino

Don Salvatore Lazzara

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