utero

Passare la gravidanza nella pancia di una persona che non è quella che ti ha concepito né che sarà tua mamma… solleva inevitabilmente dei dubbi etici, ma anche pone delle domande dal punto di vista fisiologico: è indifferente al futuro del bambino questa situazione innovativa? In realtà non lo sappiamo ancora perché gli uteri in affitto sono cosa recente e i bambini nati in questo modo sono ancora … bambini. Tuttavia qualche considerazione va fatta.

La prima riguarda la stessa manipolabilità dell’embrione: pensate che sia indifferente per un essere di poche cellule venir esposto alla luce, subire sbalzi di temperatura, venir trapiantato da un terreno di coltura ad un utero? In poche parole, sottostare ad un ambiente che non è quello che per decine di migliaia di anni ha accompagnato la fecondazione dell’uomo e di tutti i mammiferi? Qualche sospetto sui rischi iniziò ad essere sollevato nel 2002 quando iniziarono ad usciere i primi dati sul tasso di rischi per la salute dei nati da FIV; sospetto che venne rinforzato in quest’ultimo decennio dagli studi sull’epigenetica, cioè sul modo in cui l’ambiente influenza l’espressione del DNA dell’embrione. Insomma, si stanno creando situazioni sempre più nuove, ma al tempo stesso emergono chiari certi rischi legati proprio al fatto di far sviluppare un embrione in quella che non è la sua casa ideale.

La seconda considerazione riguarda l’interazione madre-embrione dal punto di vista fisiologico. Durante la gravidanza, il feto vive non in una cassaforte, ma in un mezzo multisensoriale cioè in una situazione di esposizione a mille stimoli sensoriali: i cibi che mangia la mamma lo influenzeranno perché dal sangue della mamma le molecole ingerite arrivano al feto, la voce della mamma gli arriva forte seppur indistinta ma riconoscibile tanto che dopo la nascita il feto la riconosce e distingue da altre voci, gli ormoni prodotti dalla mamma per lo stress o per la gioia verranno trasmessi in parte al feto influenzandone le risposte prenatali. Insomma, il feto prima di nascere inizia a riconoscere la sua mamma la conosce in un modo particolare: senza vederla ma assaporandone le varie caratteristiche per abituarsi e riconoscerle dopo la nascita, ad un chiaro fine: distinguere la sua mamma dalle altre. Il topolino che nasce senza il senso dell’olfatto rischia di morire di fame perché in gravidanza non ha assaporato il profumo di ciò che la sua mamma mangiava e dopo la nascita per questo motivo non sa trovare la strada verso il latte del seno materno. La vita prenatale è una vita ricca di sensorialità che serve proprio a questa conoscenza rassicurante.

Cosa può avvenire se si passa allora questo delicatissimo e importantissimo periodo della nostra vita abituandosi ai sapori, alla voce, al carattere di una donna che non è la mamma e che dopo la nascita scomparirà? Non lo sappiamo, ma anche questa situazione desta qualche preoccupazione.

Terzo: cosa succede in gravidanza? La mamma che presta l’utero sarà sicuramente una persona accorta e sagace, ma potrebbe anche essere sbadata o poco informata. Basti pensare ai rischi che infezioni o l’assunzione di alcol o anche di tabacco in gravidanza comportano per il feto. O ai rischi ancor più subdoli legati all’esposizione a solventi o disinfettanti o metalli pesanti, smog, di cui magari neanche ci si accorge: lasciare per 9 mesi il figlio ad una “babysitter uterina” che ovviamente non possiamo controllare e che magari in buona fede lo può esporre a rischi è accettabile?

La quarta considerazione sta nel principio di precauzione cioè in quello che come scienziati non sappiamo e riconosciamo di non sapere: la vita dell’embrione e del feto è basata su questo scambio ormonale e sensoriale tra mamma e feto. Sarebbe forse bene avere le idee ben chiare prima di intraprendere una via innovativa ma ancora ignota.

 Carlo Bellieni

Fonte: notizieprovita.it

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