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La conclusione cui è pervenuta la task force ministeriale inviata a Catania per far luce sulla morte di Valentina Milluzzo, la 32enne catanese deceduta il 16 ottobre dopo aver abortito spontaneamente due gemellini al quinto mese di una gravidanza ottenuta con la procreazione assistita, è del tutto inequivocabile: «Dalla documentazione esaminata e dalle numerose testimonianze raccolte dal personale non si evidenziano elementi correlabili all’argomento obiezione di coscienza». Naturalmente tutto ciò non placherà gli animi dei parenti della donna, i quali per primi avevano denunciato presunti ritardi nell’assistenza dovuti al rifiuto di uno dei medici del reparto di intervenire subito, prima della morte del primo figlio, perché obiettore di coscienza; ma questo, se ci si pone nell’ottica di chi perde una persona cara, è umanamente comprensibile.

Quel che invece risulta meno tollerabile è l’indegno processo mediatico che, dal 16 ottobre a ieri pomeriggio, si è celebrato non tanto e non solo nei confronti del medico obiettore in questione – e tanti saluti al garantismo -, ma contro l’obiezione di coscienza stessa. Per giorni e giorni, infatti, ci è toccato ascoltare le peggiori assurdità, dalla presentazione dell’Italia come un Paese in cui non si può abortire – ditelo ai 6 milioni di bambini (!) che grazie alla Legge 194 non sono mai nati – alla caccia all’obiettore, presentato come medico inadempiente, di serie B, mentre invece altri non è che il vero erede del non cristiano Ippocrate, che già millenni or sono avvertiva: «Non somministrerò ad alcuno, neppure se richiesto, un farmaco mortale, né suggerirò un tale consiglio; similmente a nessuna donna io darò un medicinale abortivo. Con innocenza e purezza io custodirò la mia vita e la mia arte».

State però tranquilli che neppure adesso che gli esperti ministeriali hanno accertato quanto già altri sostenevano – dal primario del reparto catanese, il professor Paolo Scollo, che è pure presidente della Società Italiana di Ginecologia e Ostetricia, a bioeticisti coraggiosi come il prof. Renzo Puccetti -, e cioè che l’obiezione di coscienza non uccide affatto, anzi, coloro che fino a ieri hanno partecipato al processo mediatico chiederanno scusa. Non è nelle loro abitudini. Soprattutto non lo è in quelle del fronte abortista che da sempre, davvero da sempre, basa le proprie argomentazioni su balle clamorose. Gli esempi che si potrebbero in tal senso fare sono moltissimi, per brevità mi limito a tre. Immagino sappiate qual è la principale ragione per cui in Italia e non solo l’aborto procurato è stato reso legale: per combattere la piaga della clandestinità.

Il fatto che molti ignorano, però, è che per plagiare l’opinione pubblica, negli anni Settanta, sugli aborti clandestini si diedero letteralmente i numeri: il Corriere della Sera del 10 Settembre 1976 li stimava essere da 1,5 a 3 milioni; in un numero dell’Espresso del 9 Aprile 1967, si parlava addirittura di 4 milioni! Mentre i quotidiani pubblicavano queste cifre assurde, uno studioso serio come il professor Bernardo Colombo, demografo dell’Università di Padova, in una ricerca elaborata con gli statistici Franco Bonarini e Fiorenzo Rossi, stimò che gli aborti clandestini, in Italia, fossero al massimo 100.000. Questo significa che le stime degli aborti clandestini che campeggiavano sulle prime pagine dei giornali dell’epoca erano ingigantite in modo esponenziale, talvolta persino del 4.000%! Mica male come menzogna no?

Ma questo – come si diceva poc’anzi – è solo un esempio tra molti. Un altro classico tormentone dell’abortismo è quello secondo cui l’opposizione all’aborto legale sarebbe fissa da medievali. Ora, non è ben chiaro su quale oscuro testo si fondi questa curiosissima tesi, ma è la storia contemporanea a metterci al corrente del fatto che le cose stanno diversamente, e cioè che sono in realtà coloro che credono giusto l’aborto legale ad avere predecessori impresentabili. I primi a rendere legale l’aborto sono infatti stati l’URSS di Lenin, nel 1920, e la Germania di Hitler, coi nazisti ascesi al potere da neanche sei mesi quando, nel 1933, stabilirono per legge l’impegno a prevenire «le nascite congenitamente difettose». Due precedenti che, converrete, non hanno esattamente il sapore del progresso.

Non aspettatevi però che i vari intellettualini ed opinionisti che in questi giorni hanno fatto sbraitato contro l’obiezione di coscienza vi raccontino queste cose. Ai fatti, loro, sono allergici. Ed è per questo – terzo esempio di bugia – che da anni ci tormentano con la manfrina degli obiettori sempre più numerosi che ostacolano il “diritto” di aborto senza spiegarci quello che le relazioni del Ministero sull’applicazione della Legge 194/’78 dicono al riguardo. Tipo che fin dai primi anni di attuazione della Legge 194, dunque non da oggi, il personale sanitario ha esercitato in percentuali elevate il diritto all’esercizio dell’obiezione di coscienza, e che comunque gli obiettori non possono essere un problema per nessuno primo perché la loro percentuale è calante: erano il 71,5% nel 2008, mentre nel 2013 erano il 70% (cfr. Relazione del Ministero della Salute 2015, p.42).

Che cosa implica tutto questo? Anzitutto che in Italia non esiste alcuna difficoltà ad abortire né si può parlare di casi di medici costretti dai colleghi obiettori a praticare solo aborti dato che al personale non obiettore, a conti fatti, tocca in media 1,4 aborti a settimana: non uno sforzo pazzesco e che tale diventa solo in mancanza di adeguata organizzazione interna a strutture e ospedali. In secondo luogo, come si diceva poc’anzi, che l’abortismo non si regge occasionalmente sulla menzogna ma è esso stesso menzogna per le innumerevoli verità che nasconde con le parole; a partire da quella dell’embrione, del feto o del grumo di cellule che dir si voglia, vale a dire la verità del figlio, di un essere umano unico ed irripetibile, che non la scienza ma solo l’ideologia può portarci a non considerare persona. Anche se già vive, già sogna e forse – come ha scritto una volta Marcello Veneziani – già ci giudica.

 

Giuliano Guzzo

 

L'articolo è stato tratto dal blog di giulianoguzzo.com

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