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La teoria del gender (che vuol dire “genere”, in inglese) si è imposta di recente come una fonte di dibattito inesauribile. La questione riguarda la netta separazione fra sesso, condizione fisica data dalla nascita, e genere, ed in fine distinzione acquisita dalla società. All’interno della discussione rientrano l’azzeramento delle differenze sessuali e l’indifferenza o meno verso le abitudini sessuali dell’individuo. Il principio di questa teoria si basa sulla distinzione radicale nella persona umana fra il suo sesso biologico e la sua identità sessuale. Se il sesso biologico è determinato dalla nascita, l’identità sessuale è “la percezione soggettiva che si ha del proprio sesso e del proprio orientamento sessuale” (Dizionario Hachette),  sarebbe il frutto di un preciso clima culturale e di un condizionamento sociale. Il bambino gioca con le macchinine, la bambina con le bambole: secondo la teoria del gender questi due comportamenti sarebbero il risultato di una rappresentazione sociale ereditata, senza alcuna relazione con il sesso biologico.

Questo insegnamento trova veramente posto nei programmi scientifici e di vita sulla terra? Nessuna spiegazione rigorosamente scientifica sembra confermarla. Al contrario, le osservazioni scientifiche tendono a dimostrare che l’essere umano è maschio o femmina già nella fase del concepimento. Questa differenza resterà scritta in ognuna delle nostre cellule per tutto il corso della vita. Ecco l’opinione dell’americana Lise Eliot, neurobiologa agguerrita: “Sì, maschi e femmine sono diversi. Hanno centri d’interesse differenti, livelli di attività differenti, capacità di concentrazione differenti e persino abitudini intellettuali differenti!”. La teoria del gender si rivela subito un dibattito e una teoria extra-scientifica che non trova posto in alcun programma di impianto scientifico. L’ideologia risponde, senza dubbio, alla tentazione orgogliosa dell’individualismo, di non cercare di dipendere da altri se non da se stessi, di sfuggire ad una legge naturale che sembra imposta dall’alto. Il rifiuto di essere identificato come uomini o donne sin dalla nascita si esprime nel sostituire il concetto di maschile/femminile, come se fosse modificabile. Pertanto la teoria Gender, ha trovato nella cultura odierna impregnata di relativismo etico una base molto significativa. Tanto da diventare il cavallo di battaglia del laicismo applicato alla politica.

Sorgono alcune domande a cui cercheremo di dare risposta: tentare di scegliere la propria identità come uno preferisce, ci rende davvero liberi? Ed ancora: Lo sviluppo di una persona non avviene, al contrario, dall’accettazione di ciò che si è,  da ciò che si è ricevuto come un dono? Certi psicanalisti, come Tony Anatrella e Jean-Pierre Winter, avvertono sui rischi che la teoria del gender fa correre ai legami sociali e al completamento fisico della persona. L’alterità sessuale, nella sua visione più vera, pone l’uomo e la donna “in un’uguaglianza dignitosa, e in una relazione fondata sulla complementarietà” che permette la loro la cooperazione, necessaria alla creazione dei legami sociali. Le idee veicolate dalla teoria del gender si fissano nel “modello del siamo tutti uguali, secondo l’idea dell’identico e del simile” o nel “restare bloccati in un’economia narcisistica auto-sufficiente”. Negando la differenza, questo discorso impedisce l’apertura dell’individuo verso l’altro e “separa, divide, invita ciascun sesso a restare isolato”.

Nel discorso prenatalizio alla Curia Romana, il Papa emerito Benedetto XVI, ha criticato a fondo l’idea che i sessi siano il prodotto della società e dell’individuo. In difesa della famiglia fatta di padre, madre e figli. Contro la filosofia del ”gender”, il Papa, si è detto concorde con quanto scritto dal gran rabbino di Francia, Gilles Bernheim, nel saggio “accuratamente documentato e profondamente toccante” da lui consegnato lo scorso 17 ottobre al presidente e al primo ministro francese contro il progetto di legge per il matrimonio tra omosessuali. A proposito della famiglia, Ratzinger, ha ricondotto la sua crisi al rifiuto della dualità originaria della creatura umana, creata da Dio come maschio e come femmina. In nome della filosofia del “gender”, l’essere maschio e femmina diventa il prodotto della decisione dell’individuo. “Se, però, non esiste la dualità di maschio e femmina come dato della creazione, allora non esiste neppure più la famiglia come realtà prestabilita dalla creazione. Nella lotta per la famiglia è in gioco l’uomo stesso. E si rende evidente che là dove Dio viene negato, si dissolve anche la dignità dell’uomo. Chi difende Dio, difende l’uomo”.

Di seguito puoi scaricare una presentazione esaustiva della Teoria Gender: pdfFamiglia: tra gender, diffide e bugie5.83 MB

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