luciani"Nonostante il suo sogno fosse di diventare parroco in un piccolo villaggio vicino al paese natale, dove il lago adiacente avrebbe fatto ricordare alla sua mamma quella Venezia in cui lei aveva lavorato prima di sposarsi, non era mai riuscito a realizzare quel suo desiderio".Pia Luciani ricorda cosi' lo zio Albino, eletto Papa il 26 agosto del 1978 con il nome di Giovanni Paolo I. "Anche io - confida al sito 'Alla quercia di Mamre' che l'ha intervistata - ho condiviso l'emozione della famiglia e dei compaesani per l'onore che era stato riservato allo zio Albino e quindi a tutta la famiglia".

Con l'eccezione pero' di uno dei fratelli di Albino, il maestro elementare Berto, papa' di Pia. "Mio padre - rivela la signora Luciani - se lo aspettava, spesso aveva detto: 'una volta o l'altra l'Albino ce lo portano via e' una persona troppo speciale'". "Mio papa' - continua - diceva che aveva un pugno di ferro in un guanto di velluto. Si alzava molto presto la mattina per poter pregare prima di partire, se aveva qualche impegno fuori, o prima che arrivasse gente a cercarlo. La sua porta, infatti, era sempre aperta all'accoglienza di qualunque persona, che lui riceveva personalmente ed ascoltava pazientemente, sebbene poi si facesse aiutare dal segretario in qualche situazione particolare". "In un certo senso pero' - aggiunge - per noi era stato anche un dispiacere. Ad ogni promozione, infatti, si era allontanato sempre piu' da noi prima Vittorio Veneto, poi Venezia ed infine Roma. sarebbe stato piu' difficile raggiungerlo. Lui, d'altra parte, come al solito, con noi continuava a schermirsi, dicendo di non aver fatto assolutamente nulla per arrivare a quell'incarico che, se da una parte era un grande onore, portava con se' un grossissimo impegno".

Dopo aver fatto un breve periodo come cappellano prima a Canale e poi ad Agordo - ricorda Pia Luciani - era stato chiamato come vicerettore del seminario, poi come pro vicario ed infine come vicario generale della diocesi, prima di essere nominato vescovo. Aveva pero' sempre cercato di mantenere i rapporti con la gente usando il suo tempo libero per confessare, seguire i ragazzi che frequentavano la zona intorno alla cattedrale, aiutare i poveri, visitare i malati. Era una persona molto buona e dolce, di vasta ed eclettica cultura, grande intelligenza e profonda fede, che voleva bene alle persone, oltre che al Signore, ma, nonostante le apparenze, era dotato anche di un carattere molto forte che sapeva ben usare quando era necessario". Pia Luciani ricorda anche la vocazione giornalistica di Albino Luciani che tenne per anni rubriche su quotidiani e periodici. "Mi raccontava - riferisce Pia - che quando per la prima volta aveva ricevuto l'incarico di comporre un articolo per il giornalino parrocchiale, aveva messo in questo lavoro tutto il suo entusiasmo, il suo impegno e, naturalmente, il frutto concreto dei suoi studi teologici e filosofici.

Il suo parroco, dopo averlo ampiamente lodato per l'impegno, gli aveva chiesto 'secondo te questo bellissimo scritto potra' essere compreso da quella vecchietta che abita l'ultima casa del paese e sa appena leggere e scrivere?' Prova a riscrivere quello che hai fatto pensando a lei. Da allora i suoi sforzi erano sempre andati in questa direzione. Diceva che e' importante che la gente capisca almeno poche cose essenziali: che dobbiamo guardare la realta' in positivo, cercando il buono anche nelle situazioni peggiori, con speranza ed ottimismo, perche' c'e' Dio che ci ama e vuole il nostro bene, conosce le nostre debolezze e ci perdona ogni volta che, pentiti, Glielo chiediamo. Egli desidera che, per amor suo, vogliamo bene a chi ci sta intorno, con pazienza e generosita'". 

Fonte: AGI

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