persecuzioni religiose 5Se per qualcosa sarà mai ricordata la nostra epoca, sarà per l’indifferenza alle immani persecuzioni e alle stragi dei cristiani. Ucciso uno ogni quattro o cinque minuti, secondo le statistiche più aggiornate, in un sostanziale silenzio dell’opinione pubblica mondiale. Alcuni fatti si vengono a sapere perché sono riportati nei principali giornali, per esempio il rapimento a Qaryatain in Siria di 60 cristiani, qualche giorno fa; ma ci sono notizie che si possono leggere solamente su alcuni siti specializzati, per esempio quella della fine di agosto, riportata da Asia News, di una coppia di cristiani – scomparsi marito e moglie, ma sono stati ritrovati i vestiti  macchiati di sangue – in un villaggio nel Kandhamal (Orissa, in India), probabilmente uccisi da guardie della Central Reserve Police Force: la comunità locale ha denunciato il fatto come omicidio, temendo un ritorno del clima che favorì i terribili pogrom contro i cristiani del 2008, proprio della zona di Orissa.

La morte di un leone per mano di un cacciatore, in un povero paese africano, qualche giorno fa, ha suscitato uno sdegno planetario, ha provocato pietà e mobilitato molto più delle centinaia di migliaia di omicidi, rapimenti, stupri, violenze ed angherìe che da anni oramai, sistematicamente, subiscono i cristiani in gran parte del nostro pianeta, e di cui siamo perfettamente a conoscenza. Conosciamo i paesi dove questo avviene, possiamo chiamare per nome i responsabili ultimi, i regimi che ne sono complici, i fiancheggiatori e i finanziatori, ma non chiediamo mai a nessuno di loro di rendere conto di questa incredibile mattanza, vissuta quasi come un evento ineluttabile, una inevitabile ma lontana calamità naturale di quelle che si sa che succedono e che puoi solo sperare non accadano a te. Un’inerzia, quella dell’occidente, che ormai è diventata colpevole complicità.

Più volte si è levata, inascoltata e isolata, la voce del Papa, che ha tentato di scuotere le coscienze, pur nella consapevolezza che i cristiani che vivono nei luoghi della persecuzione, rischiano più facilmente ritorsioni se chi li difende è isolato. Eppure molto si potrebbe fare, se solo la questione della persecuzione dei cristiani entrasse nelle agende politiche dell’occidente, se avesse la stessa attenzione almeno, che so, del debito della Grecia, o del dibattito sul riscaldamento del pianeta, a cui vengono indubbiamente riservati più attenzione e convegni e risorse. Nessuna conferenza di agenzie internazionali, assemblee ONU dedicate, neppure una voce all’ordine del giorno del Consiglio o della Commissione d’Europa,  nessun summit G8, G20, Gqualcosa, dei paesi più ricchi, insomma, che pure, anche solo con ritorsioni commerciali, potrebbero comunque influire tanto.

Ma neppure manifestazioni nazionali, cortei, sit in davanti alle ambasciate dei paesi coinvolti; per esempio il Pakistan, con la sua legge contro la blasfemia per cui Asia Bibi sta aspettando in galera da cinque anni che le venga restituita la libertà, e basterebbe sentire il racconto della figlia adolescente (è venuta in Italia di recente) per rimanere agghiacciati.  Ma poco e niente è stato riportato di quel racconto, nonostante la conferenza stampa organizzata dalla famiglia di Asia proprio perché il suo caso non venisse totalmente dimenticato. Anche i pacifisti sembrano essere svaniti nel nulla, dopo le marce contro le guerre di Bush ( le uniche, pare, a suscitare lo sdegno della cosiddetta società civile).

Il parlamento italiano mesi fa ha dedicato una seduta all’argomento, approvando alcune mozioni e ordini del giorno, Poca cosa, si dirà, ma pur sempre un segno. La politica potrebbe di nuovo far sentire la sua voce, magari proponendo una giornata dedicata all’impegno contro le persecuzioni cristiane, durante la quale organizzare gesti pubblici –magari una grande marcia di solidarietà con le vittime – e iniziative anche istituzionali, cominciando a chiedere conto delle loro responsabilità alle autorità di quei paesi in cui avvengono le violenze contro i cristiani. Potrebbe essere l’Italia la capofila di una iniziativa internazionale a sostegno dei cristiani perseguitati: perché no?

Eugenia Roccella, per l'Occidentale.it

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