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Il rispetto doveroso verso ciascuna persona a prescindere dalla confessione religiosa e l’attenzione – non meno doverosa – a non generalizzare l’estremismo dissennato come proprio di chiunque professi la fede mussulmana non debbono condurre a una sottovalutazione delle difficoltà – oggettive – che l’Islam, non da oggi, incontra in percorsi di riforma ostacolati o perfino platealmente controbilanciati dall’insorgere o dal permanere di ramificazioni terroristiche. Allo stesso modo non pare corretto, pur rigettando giudizi inappellabili e forzatamente generali, insistere col proporre poche parole del Corano come prova inconfutabile della sua natura filantropica. E’ il caso, per esempio, della Sura 5 versetto 32: «Chi uccide una persona è come se avesse ucciso l’intera umanità, e chi salva la vita di una persona è come se avesse salvato tutta l’umanità».

A prima vista la frase è bellissima. Tuttavia, senza perdersi alla ricerca di altri versetti bensì dalla semplice lettura delle parole precedenti e successive emerge un quadro meno confortante: «Per questo abbiamo prescritto ai Figli di Israele che chiunque uccida un uomo che non abbia ucciso a sua volta o che non abbia sparso la corruzione sulla terra, sarà come se avesse ucciso l’umanità intera. E chi ne abbia salvato uno, sarà come se avesse salvato tutta l’umanità. I Nostri messaggeri sono venuti a loro con le prove! Eppure molti di loro commisero eccessi sulla terra. La ricompensa di coloro che fanno la guerra ad Allah e al Suo Messaggero e che seminano la corruzione sulla terra è che siano uccisi o crocifissi, che siano loro tagliate la mano e la gamba da lati opposti o che siano esiliati sulla terra: ecco l’ignominia che li toccherà in questa vita; nell’altra vita avranno castigo immenso» (5, 32-33).

Che dire? Non servono fini islamologi per capire come la tesi secondo cui il Corano prescrive una salvaguardia indistinta dell’umanità sia – escludendo la malafede – un azzardo. Tanto più che Saʿīd ibn Jubayr, che non è un agente della Cia sotto copertura ma un seguace del profeta Maometto, illustra il versetto 32 così: «Chi si permette di versare il sangue di un Musulmano, è simile a chi si permette di uccidere tutta l’umanità. Chi impedisce di versare il sangue di un solo Musulmano, è come chi impedisce lo spargimento di sangue di tutta l’umanità». Anche fosse però dimostrato – e non lo è – che il versetto in questione sia sul serio un inno «a tutta l’umanità», resterebbe da capire come mai questo dovrebbe, per il fedele medio, contare più di altri come «Uccidete gli infedeli ovunque li incontriate. Questa è la ricompensa dei miscredenti» (Sura 2:191) o «Vi è stato ordinato di combattere, anche se non lo gradite» (Sura 2:216).

Certo, si potrebbe ribattere che pure la Bibbia presenta passaggi ben poco teneri ma – ammesso e non concesso che questi equivalgano per durezza a quelli poc’anzi citati – pare da escludere che siano altrettanto numerosi a quelli “problematici” presenti nel Corano senza dimenticare, infine, un piccolo particolare: il Vangelo e, più in generale, il Nuovo Testamento alla luce del quale l’intera narrazione biblica assume una luce completamente nuova. E’ soprattutto Gesù – che chiede al Padre financo per i propri carnefici perdono, concetto di assai ardua reperibilità nei versetti coranici – ad illuminare ogni cosa precedente. Tornando al versetto 32 del Corano sembra dunque opportuno, senza con questo sposare alcuna deriva populista né incoraggiare cacce alle streghe, evitare di presentarlo al di là di un contesto che, come si è visto, non solo non collima ma suggerisce l’esatto opposto rispetto a istanze pacifiste.

Giuliano Guzzo

Fonte: giulianoguzzo.com

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