Lettura Evangelica: (Lc 17,7-10)-. In quel tempo, Gesù disse: «Chi di voi, se ha un servo ad arare o a pascolare il gregge, gli dirà, quando rientra dal campo: “Vieni subito e mettiti a tavola”? Non gli dirà piuttosto: “Prepara da mangiare, strìngiti le vesti ai fianchi e sérvimi, finché avrò mangiato e bevuto, e dopo mangerai e berrai tu”? Avrà forse gratitudine verso quel servo, perché ha eseguito gli ordini ricevuti? Così anche voi, quando avrete fatto tutto quello che vi è stato ordinato, dite: “Siamo servi inutili. Abbiamo fatto quanto dovevamo fare”».
Commento al Vangelo-. San Leone Magno, divenuto papa nel V secolo, affermò con fede luminosa la divinità di Cristo e la sua umanità: Cristo, Figlio del Dio vivente e figlio di Maria, uomo come noi. Non ha accettato, che si abbreviasse il mistero, né in una direzione né nell'altra, e il Concilio di Calcedonia ha cercato una formula che preserva tutta la rivelazione. Dio si è rivelato a noi nel Figlio, e il Figlio è un uomo che è vissuto in mezzo agli uomini, ha sofferto, è morto, ed è risorto. Ecco perché come ricorda il Vangelo odierno, “siamo servi inutili”: il discepolo non è chiamato all’autocompiacimento o alla presunzione di essere qualcuno, ma di portare agli uomini la Verità di Cristo senza contaminazioni “di generazione in generazione”, senza mai stancarsi. La domanda che Gesù ha posto ai suoi discepoli, la pone costantemente anche a noi, discepoli dei tempi moderni, per impegnarci a contemplarlo più profondamente: "Voi chi dite che io sia?". E di conseguenza: come presentiamo il Vangelo? Per ricevere l’applauso del mondo, lo rendiamo più “morbido” e “facile da digerire?”, oppure come San Leone Magno, lo testimoniamo nella sua lacerante scomodità?
Don Salvatore Lazzara