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Giovanni nacque il 24 giugno 1386 a Capestrano non lontano da L’Aquila, nell’Abruzzo. I suoi genitori erano di nobili origini. La prima istruzione l’ebbe in famiglia da uno speciale pedagogo. E ancora adolescente conobbe il dolore: subì infatti, per rappresaglia, l’uccisione di ben dodici persone del parentado e la distruzione della stessa casa. Giovanni studiò diritto canonico e diritto civile a Perugia. Diventò anche giudice di questa città facendosi notare e ricordare per la sua integrità morale e imparzialità. Stava per far rientro in paese per guadagnare un po’ di denaro e così autofinanziarsi gli studi per la promozione al dottorato, quando, nel 1415 in seguito ad un conflitto tra Perugia e Rimini, cadde prigioniero. Ma da Perugia si vedeva, sul fianco del Subasio, la rosea nuvola di Assisi, e caduto prigioniero, meditò in carcere sulla vanità del mondo, come aveva già fatto il giovane San Francesco. Non volle perciò tornare alla vita mondana e uscito di carcere si fece legare dalla corda francescana, entrando nell'Ordine, dove San Bernardino propugnava, nel nome di Gesù, la riforma della cosiddetta “osservanza”. Giovanni, entrò in intimità col Santo riformatore. Lo difese apertamente e valorosamente quando, a causa della devozione del Nome di Gesù, il Santo senese venne accusato d'eresia. Anch'egli così prese come emblema il monogramma bernardiniano di Cristo Re e lo portò nelle sue dure battaglie contro gli eretici e contro gl'infedeli. Il Papa lo nominò Inquisitore dei Fraticelli; lo inviò suo legato in Austria, in Baviera, in Polonia, dove si allargava sempre di più la piaga degli Ussiti. In Terra Santa promosse l'unione degli Armeni con Roma. Ovunque c'era da incitare, da guidare e da combattere, alzava la sua bandiera fregiata dal raggiante stemma di Gesù o addirittura una pesante croce di legno, che ancora si conserva all'Aquila, e si gettava nella mischia, con teutonica fermezza e con italico ardore.

A partire dal 1422 cominciò a predicare a L’Aquila davanti a grandi folle, che rimanevano estasiate alle sue parole e al suo entusiasmo. Folle enormi lo seguiranno anche a Roma, Siena, Perugia, Milano, Padova, Vicenza, Venezia e altre città. Fece anche alcune puntate in Spagna e in Terra Santa. La sua predicazione, specialmente durante l’Avvento e la Quaresima, fu un grande aiuto per il rinnovamento spirituale e dottrinale delle popolazioni italiane del tempo. Diventato un predicatore famoso, Giovanni ne conobbe un altro grandissimo, Bernardino di Siena, di cui divenne amico (e difensore quando venne accusato di idolatria). Fu quest’ultimo a comunicargli la devozione al nome di Gesù (condensato nelle famose tre lettere IHS che significavano Jesus Hominum Salvator, Gesù Salvatore degli uomini). Per le sue conoscenze del diritto Giovanni veniva anche chiamato dai papi come paciere e come diplomatico incaricato di delicate missioni.

capestrano1aaLa vittoria contro i musulmani. Correva l'anno 1456. I Turchi minacciavano Belgrado. L'esercito cristiano - benché formato in maggioranza da elementi raccogliticci - riuscì a sconfiggerli il 22 luglio. Gran parte del merito della vittoria va attribuito ad un frate francescano che, accorrendo dove maggiore era il pericolo, incitava i combattenti cosi: «Sia avanzando che retrocedendo, sia colpendo che colpiti, invocate il Nome di Gesù: in Lui solo è salvezza». Per undici giorni ed altrettante notti fu sempre sul campo, sostenendo fatiche e privazioni. E i gravi disagi della guerra lo condussero alla morte il 23 ottobre successivo. Quel frate era Giovanni da Capestrano: aveva settant'anni. Salvatore dell'Europa certamente può essere definito s. Giovanni da Capestrano frate francescano realizzatore della liberazione di Belgrado dall'assalto dei turchi. Sono veramente emozionanti le pagine che p. Hofer nel suo libro "S. Giovanni di Capestrano" (l' Aquila 1955), dedica a questa impresa e alla sua preparazione. I Turchi erano giunti con circa un mese di anticipo a Belgrado rispetto alle attese dei serbi ed erano un imponente esercito con potenti cannoni e catapulte con navi ben equipaggiate, animali, tra cui cani al seguito (con cui sbranare i cristiani!) e anche donne e bambini (non si sa perché, forse volevano colonizzare la zona). Tutta la Chiesa, secondo le indicazioni del Papa Callisto III pregava per la liberazione dell'Europa dalle orde islamiche. Il santo di fronte a tale potenza umana poteva rispondere con la potenza divina che durante una s. Messa gli si era rivelata con particolare chiarezza assicurandogli la vittoria nel Nome di Dio. Le forze militari di cui poteva contare erano misere: poche migliaia di uomini male equipaggiati e poco addestrati, erano contadini che seguivano lui come loro capo per la vittoria contro gli infedeli e alcuni militari. Con queste egli, forte veramente della potenza del Nome di Gesù, che faceva invocare ai suoi soldati spesso, riuscì prima a rompere l'assedio navale alla città e quindi a respingere l'assalto turco alla stessa , trionfando poi definitivamente su di loro. Inutile dire che il comandante ungherese delle truppe e il Legato pontificio sconsigliarono risolutamente al santo tutte le operazioni da lui compiute in nome di una logica evidentemente umana o almeno non così divina come quella del santo. Questi era convinto assolutamente che la vittoria è nelle mani di Dio che può darla anche a pochi di fronte a molti. Si tenga conto che questo comandante ungherese era uno che a Varna aveva fronteggiato l'esercito turco formato da 100000 (centomila) uomini con un esercito di 16000 (sedicimila) uomini ben addestrati; nel caso nostro è evidente che le milizie di cui poteva contare il santo e un tale comandante erano evidentemente impreparate e inferiori nettamente nel numero. Durante la battaglia navale per lo sfondamento dell'assedio alla città, il santo stava su un altura visibile ai combattenti e dopo aver fatto spiegare il vessillo crociato e agitando la croce, ora rivolto al Cielo, ora rivolto ai suoi gridava il Nome Gesù, e lanciava contro i nemici del nome cristiano le rituali preghiere di scongiuro. 

Si noti che era incomparabile il dislivello esistente tra la flotta turca potente e ben preparata e quella crociata formata da barche e da una sola nave veramente attrezzata per la guerra ma tuttavia i crociati vinsero anche perché poterono contare su una sortita effettuata dagli stessi abitanti di Belgrado che erano buoni marinai, esperti evidentemente nel combattimento sull'acqua. I turchi seppure più forti furono attaccati di fronte dai militari di s. Giovanni e alle spalle dalle navi degli abitanti di Belgrado. Entrato in Belgrado trionfalmente s. Giovanni era il "cuore" della truppa: tutti andavano a lui per essere benedetti e per avere ordini ma sopratutto tutti lo seguivano nelle istruzioni morali che egli dava sicché quell'accampamento crociato era una specie di immensa congregazione religiosa, di esso facevano parte anche religiosi laici, eremiti, monaci; non potevano farne parti i sacerdoti, che invece si dedicavano alla penitenza al culto e all'amministrazione dei sacramenti. Tanto era il movimento del santo per essere ovunque presente e servire i suoi fratelli che il cavallo che gli fu donato per muoversi morì stremato in pochi giorni e a quanto pare nei diciassette giorni decisivi per le sorti della città s. Giovanni dormì solo per sette ore. Mai il santo, in questo periodo, si spogliò dell'abito e mai cambiò la biancheria né tantomeno si pensa che dovette lavarsi: una crosta di sudicio e di polvere copriva il suo corpo. Perdette infine anche ogni gusto e si dovette raschiare il suo palato per staccarne le croste che si erano formate perché la carne non imputridisse. Il cibo per tutti, in quei giorni era pane e vino, nient'altro. I Turchi prima dell'assalto finale cannoneggiavano con grossi cannoni (nella cui bocca vi poteva entrare una intera persona) la città sicché le fortificazioni aveva dei grossi cedimenti. I capi crociati in tale situazioni erano pressocché concordi nel lasciare via mare la città allontanando da essa le persone (sia civili che militari) con barche e navigli.

cap2S. Giovanni invece fu inflessibile nel rimanere nella città e attendere l'assalto e l'ebbe vinta. L'assalto iniziò il 21 luglio, alla sera e proseguì fino al 22, giorno della memoria di s. Maria Maddalena. Durante tale assalto più volte sembrò he i turchi dovessero vincere e lo stesso comandante crociato Hunyadi si pose su una barca per controllare di là la situazione ed essere pronto a mettersi in salvo in caso di pericolo. Un fatto interessante capitò, un ungherese si avventò contro un turco che era balzato oltre le mura, erano tutti due vicini allo strapiombo delle mura di cinta , l'ungherese vide s. Giovanni e gli chiese se si sarebbe salvato rimanendo avvinghiato al turco e gettandolo con sé nello strapiombo il santo annuì e l'uomo si precipitò con il nemico evidentemente morendo con lui. Lo stratagemma decisivo con cui si arrestò l'assalto turco fu quello per il quale i crociati gettarono sugli assalitori, dalle mura della fortezza più interna della città parecchie fascine di legna preparate con pece, polvere di zolfo e altre materie infiammabili; i turchi rimasero colpiti fortemente da quelle fiamme così forti e oltre a morire in parecchi, si ritirarono. Dopo ciò i crociati fecero un pò per inseguirli ed ebbero ragione ulteriormente di loro sicché li ricacciarono lontano scongiurando definitivamente, per quell'anno almeno, il pericolo di nuove incursioni. Mentre inseguivano i turchi il santo volle accompagnare i suoi soldati affermando "Ho aspettato quaranta anni questo ghiotto boccone; chi non ha coraggio torni indietro!" i due frati che lo accompagnavano non ebbero coraggio di seguirlo nella zona del pericolo verso cui si addentrava, solo lui procedette avanti con i suoi soldati. E appunto, il santo, salito su un mucchio di terra tra le artiglierie, agitando con la destra la croce, stando tra i combattenti, tra il sibilare dei proiettili, con a fianco il suo portabandiera ora rivolgeva parole di incoraggiamento ai suoi soldati, ora pregava Dio invocandone l'aiuto; ottenendo così da Dio quanto sperava. Così si realizzò la famosa e santa liberazione di Belgrado dai turchi. Alla fine di questa giornata del 22 luglio 1456 il santo rendeva grazie a Dio con le parole del salmo: "Questo è il giorno che ha fatto per noi il Signore", e insieme scriveva al Papa per mettere in mostra la grandezza del miracolo compiuto da Dio con una tale liberazione della città. L’Europa odierna, sembra aver smarrito il senso della storia. Impegnata a rinnegare se stessa, incapace di tenere fermi i valori su cui è fondata, si avviva verso lidi pericolosi. San Giovanni da Capestrano, un santo ancora oggi, per molti aspetti, significativo, possa intercedere presso Dio, affinchè illuminando le mente dei potenti e degli uomini, possano tornare sul retto cammino!

 

Video sulla vita di San Giovanni da Capestrano 

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Don Salvatore Lazzara

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