L'8 agosto del 1956 a Marcinelle, in Belgio, nel crollo di una miniera morivano 262 persone, per la maggior parte minatori italiani. Lavoravano duro, in condizioni terribili, senza alcuna garanzia. Così come dopo la loro morte non vi fu neanche una inchiesta seria per determinare con certezza le responsabilità di quella tragedia. Che gli italiani fossero non solo emigrati ma anche graditi ospiti in Belgio lo dimostra il Protocollo firmato con quella nazione il 20 giugno del ’46 (la nostra Repubblica non aveva compiuto neppure un mese) che prevedeva l’invio di 50.000 lavoratori in cambio di carbone. Nacquero così ampi flussi migratori verso Bruxelles, uno dei quali, forse il più importante, fu quello degli italiani verso le miniere belghe.
Certo, ha ragione chi oggi commemora quei morti anche per ricordare il nostro passato di terra esportatrice di braccia, di mano d’opera e quindi di emigrazione a chi oggi protesta contro gli sbarchi quotidiani, i flussi incontrollati di migranti, profughi e richiedenti asilo. A nessuno, sia chiaro, è consentito di chiudere gli occhi o di voltarsi dall’altra parte di fronte a guerre, carestie e persecuzioni ma è altrettanto giusto sottolineare che i nostri partivano sulla base di accordi bilaterali e con quote migratorie prestabilite. Esempio da seguire e che spesso viene dimenticato. Perchè l'Europa non usa gli stessi parametri nel contesto dei flussi clandestini che arrivano dalle sponde africane?
Con i 262 rintocchi della campana Maria Mater Orphanorum, accompagnati dall’appello in ordine alfabetico delle vittime, si è tenuta, al Bois du Cazier, la 58-ma commemorazione della tragedia di Marcinelle, in Belgio. Per non dimenticare e rendere omaggio a quanti per lavoro hanno lasciato la loro casa per sfamare i figli e portare avanti la famiglia. E' questo il vero volto dei migranti italiani, i quali non erano nè clandestini nè fondamentalisti islamici. Ma onesti lavoratori, che hanno sacrificato la vita per costruire un futuro migliore. E' raccapricciante l'operazione mediatica condotta dai mezzi di comunicazione sostenuti dalle lobby che vogliono rimanere al potere, per convincere l'opinione pubblica, ad accettare le ondate incontrollate di clandestini, richiamando il sacrificio dei nostri nonni! Sono due situazioni diverse, che non possono avere termini di paragone.
Onestà intellettuale e senso di realtà imporrebbero dunque alla compagnia di giro dei buonisti nostrani di considerare bene queste differenza prima di tracciare similitudini troppo ardite tra i nostri antichi “bastimenti” e gli odierni gommoni. Certo, entrambi trasportavano il loro carico di dolore misto a speranza. Ma i nostri emigravano laddove del loro apporto c’era bisogno e con la certezza di trovare nel Paese ospitante un tetto – spesso anguste casette di legno – e un lavoro, quasi sempre umile e soprattutto pericoloso, come dimostra appunto Marcinelle. Che differenza con chi da noi arriva all’improvviso, pretende accoglienza immediata e protesta pure se il menu non è a misura di Islam o se nell’albergo a tre stelle manca il wi-fi…