A margine delle polemiche sulla sospensione delle “benedizioni pasquali” nelle scuole Bolognesi, il Consiglio di Stato, ha sospeso l’esecuzione della sentenza del Tar che le vietava in tre scuole bolognesi: le elementari Carducci e Fortuzzi e le medie Lavinia Fontana, facenti parte dell’istituto comprensivo 20. Il 28 aprile - quindi con la Pasqua ormai alle spalle - la decisione definitiva verrà presa in Camera di consiglio. La diatriba, non si è fermata solo alle scuole. Sempre a Bologna le benedizioni pasquali fanno litigare anche i sindacati e il Comune, accusato da Cgil e Uaar (Unione atei e agnostici) di imporre ai dipendenti l’interruzione del lavoro per accompagnare il sacerdote negli uffici. Ma l’amministrazione oggi ribatte con una nota: “Nessun dipendente del Comune di Bologna sarà costretto ad interrompere il lavoro durante le contestate benedizioni pasquali in ufficio da parte di un sacerdote”. Al parroco “sarà permesso l’accesso alle residenze comunali e saranno indicati i luoghi per la benedizione”. Questo malessere ingiustificato contro i “segni della fede”, che arricchiscono la laicità dello stato, è sintomo di un terribile rigurgito anticlericale; e tanti casi dimostra come l’odio contro la Chiesa e il cristianesimo, sia motivo di discriminazione culturale che si vuole fare passare come segno di civiltà e progresso.
Secondo i contestatori, le credenze religiose sono un fatto di natura esclusivamente privato; per la vita pubblica non esisterebbe che l'uomo nella sua condizione puramente naturale, totalmente disancorato da un qualsiasi rapporto con un ordine soprannaturale di verità e di moralità. Il credente è perciò libero di professare nella sua vita privata le idee che crede. Se, però, la sua fede religiosa, uscendo dall'ambito della pratica individuale, tenta di tradursi in azione concreta e coerente per informare ai dettami del Vangelo anche la sua vita pubblica e sociale, allora si grida allo scandalo come se ciò costituisse una inammissibile pretesa. Alla Chiesa si riconosce, tutt'al più, un potere indipendente e sovrano nello svolgimento della sua attività specificamente religiosa avente uno scopo immediatamente soprannaturale (atti di culto, amministrazione dei sacramenti, predicazione della dottrina rivelata, ecc.). Ma si contesta ad essa ogni diritto di intervenire nella vita pubblica dell'uomo poiché questa godrebbe di una piena autonomia giuridica e morale, né potrebbe accettare dipendenza alcuna o anche solo ispirazione da esterne dottrine religiose.
Il Comune di Bologna, sembra avere un peso e due misure. Nei mesi scorsi, infatti, è stato oggetto di feroci critiche, in quanto il sindaco Virginio Merola, aveva deciso di usare le risorse destinate alla parità tra i sessi, le ‘quote rosa comunali’, per finanziare il progetto di Slavina, una ‘porno-attivista’ che vuole realizzare un film porno autoprodotto per donne, lesbiche e transessuali. La giunta Merola, per l’occasione aveva stabilito di mettere gratuitamente a disposizione lo spazio necessario per girare le scene. Lo scopo di Slavina, ospite d’onore del centro delle donne di Bologna, è quello di insegnare loro a ritrovare un “erotismo in forma collettiva che superi le finzioni plastificate dell’immaginario mainstream”. In sintesi un pretesto per girare un film porno a spese dei cittadini bolognesi. L’iniziativa, infatti, è stata realizzata all’interno degli spazi dell’associazione Orlando che dagli anni ottanta riceve fondi dal comune per occuparsi del tema della formazione delle donne bolognesi. Dal 2000 ad oggi risulta che il Comune di Bologna abbia foraggiato l’associazione con circa 56.000 € l’anno: parliamo quindi di 800.000 €, a cui vanno aggiunti contributi una tantum per altre iniziative. Come se non bastasse l’amministrazione comunale ha dato a questa associazione anche l’uso di una porzione dell’ex convento di S. Cristina, per la realizzazione di una biblioteca, sala da thè, archivio ed area dedicata alla ricerca e agli uffici amministrativi. All’associazione aderiscono anche molti dipendenti comunali e le varie iniziative sono spesso inaugurate dagli assessori della giunta Merola.
Gli attacchi del politicamente corretto, hanno qualcosa di più subdolo e inaccettabile. Cercano in tutti i modi di cancellare le tracce cristiane dalla cultura, proponendo nuovi modelli antropologici, fondati non sull’uomo, ma sulla realizzazione delle sue voglie. I desideri dei singoli, non possono essere trasformati in legge e nemmeno in diritti. La dimostrazione più evidente è quanto accaduto a Montevarchi, dove gli studenti delle scuole sono stati fatti partecipare obbligatoriamente alla cerimonia di iscrizione della prima coppia gay nel registro delle unioni civili del Comune. Con la scusa delle iniziative per la Festa della donna,il comune citato, ha deciso di promuovere un'iniziativa provocatoria e senza alcun senso. Gli studenti hanno dovuto assistere anche alla proiezione del film 'Lei disse sì', documentario sulla storia di due ragazze e del loro matrimonio celebrato in Svezia. E poi l'iscrizione della prima unione civile di due persone residenti a Montevarchi, nella fattispecie omosessuali, celebrata dalla vicesindaco Elisa Bertini. Ciò che è inaccettabile è che ai ragazzi venga somministrata come attività didattica la partecipazione alla cerimonia di iscrizione da parte di una coppia gay: la scuola pubblica pagata con i soldi pubblici non deve e non può essere usata per diffondere le idee della lobby gay.
Un anno dopo l'episodio del "gioco del rispetto" introdotto in un asilo di Trieste, l'ultimo tentativo di spingere i bambini a modificare la concezione dei due sessi va in scena a Cagliari, al centro culturale "Il lazzaretto". Al centro delle critiche è il laboratorio "Nei panni di...", espressamente dedicato ai bimbi dai 4 agli 8 anni, in cui i partecipanti sono invitati a trasvestirsi per "mettere in discussione gli stereotipi di genere". In parole povere, i maschietti verranno fatti travestire da femminucce e viceversa. "Attraverso il travestimento - si può leggere nel programma dell'evento - è possibile sperimentare immagini di sé, vivendole in prima persona e confrontandosi con i travestimenti scelti dagli altri partecipanti". Tra le sigle associate al festival c'è la manifestazione "Sardegna queer", già beneficiaria di contributi regionali, e l'Associazione Arc onlus (una delle maggiori sigle del mondo Lgbt sardo), che sul proprio sito ringrazia anche l'Assessorato della pubblica istruzione della Regione autonoma per il sostegno. E qui si apre un piccolo giallo: perché gli uffici dell'assessorato smentiscono che da loro sia mai giunto un qualsiasi finanziamento.
Contro il festival dell'orgoglio lesbico (e contro il laboratorio di travestimenti per bambini) si è scagliato anche Salvatore Deidda di Fratelli d'Italia: "Non ho parole per laboratori che coinvolgono bambini tra i 4 e i 9 anni in cui si devono travestire, magari i maschietti da principesse e le femminucce da principi azzurri. La speranza è che il Comune non fosse informato". Per ora, però, dalle istituzioni non sono arrivate prese di posizioni ufficiali: il festival, salvo smentite, si farà. Quale futuro vogliamo consegnare alle nuove generazioni?
a cura dello staff allaquerciadimamre.it