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Ci sono storie che non si possono dimenticare. Tanto più quando queste sono cariche di dolore e di tragedia, ricche di luce e di speranza. Molte di queste non possiamo tralasciarle proprio adesso, alle porte di questo Giubileo della Misericordia. Sono vicende diverse, alcune già note, altre un po' meno, ma non per questo trascurabili. Come quella di Albino Badinelli, Carabiniere ligure che, a soli ventiquattro anni, offre la sua vita per la salvezza di molti e, in punto di morte, perdona i propri carnefici. Una storia già vista, già sentita. Una storia impossibile da ambientare nell' “oggi”, eppure terribilmente vera. E' l' agosto del 1944. Manca meno di un anno alla conclusione della seconda guerra mondiale e in Val d' Aveto, nell' entroterra della provincia di Genova, avanzano le truppe nazi-fasciste in ricerca di partigiani e giovani volontari della resistenza. Sono giorni terribili, di grida e di pianto e le invocazioni salgono alla Madonna come non mai. Eppure nulla, proprio nulla, sembra bastare a fermare la tanta ferocia con cui i fascisti impongono il loro potere e la loro autorità sui civili. Nel giro di pochi giorni – avendo subìto diversi attacchi – danno ordine a tutti i giovani appartenenti alla resistenza di costituirsi. In  caso contrario sarà incendiato il paese di Santo Stefano d' Aveto e verranno fucilati i civili, che sono detenuti in ostaggio.

lapideLa mattina del 2 settembre, nessuno di coloro che erano stati chiamati all' ordine si presenta ai militari. La tensione in paese si fa più forte e il Carabiniere Albino Badinelli, proveniente dal piccolo paesello di Allegrezze, accertata la gravità della situazione, decide di consegnarsi, pur non facendo parte attivamente dei partigiani. Con fermezza contrasta il parere negativo dei familiari: << Se succedesse qualcosa a quegli innocenti non avrei più pace. Io devo essere il primo >>. Accompagnato dalla mamma Caterina, Albino arriva al centro operativo fascista, dove presenta immediatamente le sue dimostrazioni al Comandante, ritenendosi del tutto contrario all'odio che questa ideologia bellica sta seminando in Italia. << Pace! >> è la sua ultima parola. Per il Comandante della Divisione Monte Rosa, invece, non c' è nessuna replica, nessun commento, ma un ordine secco: << Plotone di esecuzione! >>. Albino chiede di potersi confessare, ma il permesso non gli viene condonato. Allora un giovane va a chiamare un Sacerdote, con il quale il Badinelli ha la possibilità di confidarsi sulla via verso il camposanto, luogo dell’ esecuzione. Chissà quanti ricordi, lungo quel cammino, tornano alla sua mente: le sue giornate di bambino buono, semplice; i giochi con gli amici e le tante attività in Parrocchia; le serate con la ragazza che ama e con cui vuole costruire un futuro; Napoli, Scicli, Zagabria, Roma, Torino e tutte le città dove il suo essere Carabiniere lo ha portato... Pensa alla mamma, al suo papà, ai numerosi fratelli... Ma, in mezzo a quello che potrebbe sembrare un mero momento di rimpianto e di malinconia,  Albino accende una luce nel proprio cuore e confida al prete che perdona i suoi uccisori, affidandosi con totale serenità alla Misericordia di Dio. Il Sacerdote, allora, profondamente commosso e colpito, gli porge un crocifisso.

Arrivati dinnanzi al cimitero, Albino viene posto con le spalle al muro, pronto per essere freddato. In quel momento il giovane, baciato con riverenza il crocifisso e guardando il Cristo che stringe forte a sé, ripete, con profonda fede e umiltà, le stesse parole che Gesù dalla Croce rivolse al Padre: “Perdonali, perché non sanno quello che fanno!”. A quel punto tre colpi di arma da fuoco, due al cuore ed uno alla testa, separano per sempre Albino dalla sua vita terrena. Su quel muro del cimitero oggi sorge una lapide, che dice: “Sotto il plotone di esecuzione, vittima innocente, il 2 settembre 1944, qui cadeva serenamente perdonando, il Carabiniere Badinelli Albino, figlio della vicina Allegrezze. Oh tu che passi, chinati al suo ricordo e prega per lui e per il mondo la pace”. Questo suo gesto di amore supremo, con cui a soli ventiquattro anni chiuse la sua esistenza terrena, servì a salvare da morte certa una ventina di ostaggi ed il paese dalla distruzione. Ci troviamo così di fronte alla storia di un innocente che, condannato al posto di molti, in punto di morte affida la sua anima a Dio e perdona con serenità i propri carnefici. In un contesto storico nel quale un’ideologia aveva costruito un clamoroso processo di disumanizzazione, infatti, Badinelli non ha rinunciato ad un compromettersi per il fratello, unica strada per salvare l’umano. Con le sue parole di perdono egli ricorda  a tutti che la vita è fatta per essere consegnata. Che noi siamo fatti per rendere testimonianza di un perdono, che sulla croce è diventato frutto di vita nuova.

Incontro con Papa Francesco

Anche Papa Francesco è stato informato della vicenda legata alla figura di Albino Badinelli. A settembre del 2015 il Comitato Promotore per Albino Badinelli, in visita a Roma, ha consegnato a Papapapa francesco Francesco, nel contesto dell' Udienza Generale, un piccolo volume – “L' amore più grande”, Edizioni YCP – scritto da Tommaso Mazza, pronipote del Carabiniere, in cui racconta proprio la storia dello zio. Nella stessa occasione il volume è stato consegnato anche al Papa emerito Benedetto XVI, tramite il suo segretario personale. Ma la storia non si è fermata qui e ha riservato per il gruppo sostenitore di Albino un' altra sorpresa.

Il 2 gennaio 2016 lo stesso Tommaso Mazza, attualmente Seminarista della Diocesi di Chiavari, ha avuto modo di avere un colloquio personale con Papa Francesco alla Casa Santa Marta. In questa occasione, tra le tante cose proposteGli, ha presentato al Santo Padre, più nel dettaglio, la storia di Albino Badinelli, facendo particolare riferimento al racconto della sua morte.“E' stato certamente un momento di grande commozione – racconta Tommaso – anche perché, essendo legato strettamente ad Albino, mi sono sentito ancora più emozionato nel raccontare questa triste vicenda illuminata dalla luce del perdono”.

Tommaso Mazza

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