Premetto di non essere schierato per nessuno dei due candidati alla presidenza degli Stati Uniti. Cerco solo di analizzare in modo diverso quanto succede sotto i nostri occhi. Le accuse che sono state mosse fino allo sfinimento da parte dei media allineati con la Hillary contro Trump di essere guerrafondaio e non capace di guidare l'America a causa delle sue debolezze (chi non ne ha?), fanno parte di quella copertura che influenza l'opinione pubblica: se uno dice una bugia e l'altro la ripete, allora per il terzo diventa una mezza verità.
La grande nebbia negli occhi anche di noi europei che ha oscurato la verità di quel che accadeva in America ha un solo nome: sistema dell’informazione. Un sistema informativo arruolato, e quindi profondamente malato, che ha narrato altro rispetto alla realtà e alla verità. A tutti puoi narrare una realtà dorata che non esiste. La possono pure sposare i grandi media, perdendo così lettori e ascoltatori oltre l’autorevolezza. Ma non puoi raccontare che si sta meglio a chi ha visto la sua vita peggiorare sensibilmente, anche nella magnifica era di Barack Obama, che non è affatto quella narrata e presa ad esempio nel resto del mondo. Perché alla fine - ed è la buona notizia - sono loro a votare. E non mettono la loro scheda nell’urna pieni delle invenzioni dei media. Ma la loro pancia, più vuota di prima...
La vittoria di Trump richiederà un enorme sforzo a molti analisi – direi a tutti, considerando che nessuno lo dava vincente –, ma la mia consapevolezza di questo probabile evento derivava infatti da un aspetto soltanto: l’erroneità dei sondaggi. Proprio così: da anni – si pensi al boom, totalmente imprevisto, del Movimento5Stelle o alla altrettanto imprevista Brexit – le rilevazioni demoscopiche falliscono clamorosamente. E questo per due ragioni. La prima, spesso non sono metodologicamente affidabili. La seconda, ma anche quando lo sono, debbono fare i conti con un fatto inatteso: risponde ai sondaggisti circa una persona su 10 (dieci anni fa era 1 su 5, un dimezzamento), molta gente si vergogna di dire il candidato che voterà (potete immaginarvi uno come Trump, deriso da mezzo mondo fino a ieri: da oggi, immagino, sarà un tantino più riverito), ma soprattutto circa il 70% degli americani diffida dei sondaggi.
Aggiungeteci il fatto che molti commentatori anche italiani di cose americane vivono, anche se fanno tremendamente fatica ad ammetterlo, in un mondo dorato e tutto loro, lontano anni luce dall’America profonda che detesta il politicamente corretto (di cui loro, assieme a tanti altri, sono magnifici alfieri) e soprattutto da un Paese che, impoverendosi drammaticamente in questi anni, era ad altissimo rischio di quello che si chiama «voto di protesta». Da ultimo, non andavano sottovalutate né le folle oceaniche ai comizi di Trump (con la Clinton costretta a salire sui palchi degli amici cantanti, pur di avere molto pubblico) né il doppio di seguaci sui social da parte del nuovo inquilino della Casa Bianca, espressione di una sorta di delocalizzazione del consenso che molti ancora non capiscono.
"L'America deve smettere di decidere i governi per gli altri. Abbiamo speso miliardi di dollari per destabilizzare nord Africa e medio oriente, mentre in casa nostra bianchi e neri si sparano addosso. Dal 2008 il mondo occidentale è più povero e insicuro, la nostra patria in preda ad uno scontro sociale, siamo alle porte di una nuova guerra fredda, invece di considerare Putin un alleato nella guerra al terrorismo. Le responsabilità sono più della Clinton, che di Obama, la Libia è farina del suo sacco. Hillary Clinton ci porterà ad uno scontro senza precedenti. Non ne abbiamo bisogno" (Donald Trump).
a cura di Don Salvatore Lazzara