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Sono due le persecuzioni contro i cristiani: c’è quella «esplicita» — e il ricordo del Papa è andato ai martiri uccisi a Pasqua in Pakistan — e c’è quella «educata, travestita di cultura, modernità e progresso» che finisce per togliere all’uomo la libertà, anche all’obiezione di coscienza. Ma proprio nelle sofferenze delle persecuzioni il cristiano sa di avere sempre accanto il Signore. Per la sua meditazione il Pontefice ha preso le mosse dalla prima lettura, tratta dagli Atti degli apostoli (7, 51-8, 1). “Abbiamo ascoltato  il martirio di Stefano: la tradizione della Chiesa lo chiama il protomartire, il primo martire della comunità cristiana. Ma prima di lui c’erano stati i piccoli martiri che, senza parlare ma con la vita, sono stati perseguitati da Erode”.

E «da quel tempo a oggi ci sono martiri nella Chiesa, ci sono stati e ci sono». Sono «uomini e donne perseguitati soltanto per confessare e per dire che Gesù Cristo è il Signore: ma questo è vietato!». Anzi, questa confessione «provoca — in alcuni tempi, in alcuni posti — la persecuzione». «È quanto appare chiaramente  nel brano degli Atti degli apostoli che leggeremo domani: dopo il martirio di Stefano scoppiò una grande persecuzione in Gerusalemme». Allora «tutti i cristiani sono scappati via, sono solo rimasti gli apostoli». Ecco che, ha aggiunto, «la persecuzione — io direi — è il pane quotidiano della Chiesa: d’altronde lo ha detto Gesù». «Noi quando facciamo un po’ di turismo per Roma, e andiamo al Colosseo, pensiamo che i martiri erano quelli uccisi con i leoni» ha proseguito il Pontefice. Però «i martiri non sono stati solo quelli lì». In realtà i martiri «sono uomini e donne di tutti i giorni: oggi, il giorno di Pasqua, appena tre settimane fa». Il pensiero di Francesco è andato a «quei cristiani che festeggiavano la Pasqua nel Pakistan: sono stati martirizzati proprio per festeggiare il Cristo risorto». E «così la storia della Chiesa va avanti con i suoi martiri». Perché «la Chiesa è la comunità dei credenti, la comunità dei confessori, di quelli che confessano che Gesù è Cristo: è la comunità dei martiri». «La persecuzione — ha fatto notare il Papa — è una delle caratteristiche, dei tratti nella Chiesa, pervade tutta la sua storia». E «la persecuzione è crudele, come questa di Stefano, come quella dei nostri fratelli pachistani tre settimane fa». È crudele «come quella che faceva Saulo, che era presente alla morte di Stefano, del martire Stefano: andava, entrava nelle case, prendeva i cristiani e li portava via per essere giudicati». C’è però, ha messo in guardia Francesco, anche «un’altra persecuzione della quale non si parla tanto».

La prima forma di persecuzione «si deve al confessare il nome di Cristo» ed è dunque «una persecuzione esplicita, chiara». Ma l’altra persecuzione «si presenta travestita come cultura, travestita di cultura, travestita di modernità, travestita di progresso: è una persecuzione — io direi un po’ ironicamente — educata». Si riconosce «quando viene perseguitato l’uomo non per confessare il nome di Cristo, ma per voler avere e manifestare i valori di figlio di Dio». È perciò «una persecuzione contro Dio Creatore nella persona dei suoi figli». E così «vediamo tutti i giorni che le potenze fanno leggi che obbligano ad andare su questa strada e una nazione che non segue queste leggi moderne, colte, o almeno che non vuole averle nella sua legislazione, viene accusata, viene perseguitata educatamente». È «la persecuzione che toglie all’uomo la libertà, anche della obiezione di coscienza! Dio ci ha fatti liberi, ma questa persecuzione ti toglie la libertà! E se tu non fai questo, tu sarai punito: perderai il lavoro e tante cose o sarai messo da parte». «Questa è la persecuzione del mondo» ha insistito il Pontefice. E «questa persecuzione ha anche un capo». Nella persecuzione di Stefano «i capi erano i dottori delle lettere, i dottori della legge, i sommi sacerdoti». Invece «il capo della persecuzione educata, Gesù lo ha nominato: il principe di questo mondo». Lo si vede «quando le potenze vogliono imporre atteggiamenti, leggi contro la dignità del figlio di Dio, perseguitano questi e vanno contro il Dio creatore: è la grande apostasia».

Così «la vita dei cristiani va avanti con queste due persecuzioni». Ma anche con la certezza che «il Signore ci ha promesso di non allontanarsi da noi: “State attenti, state attenti! Non cadere nello spirito del mondo. State attenti! Ma andate avanti, Io sarò con voi”». In conclusione, Francesco ha chiesto al Signore, nella preghiera, «la grazia di capire che la strada del cristiano sempre va avanti nel mezzo di due persecuzioni: il cristiano è un martire, cioè un testimone, uno che deve dare testimonianza del Cristo che ci ha salvato». Si tratta di «dare testimonianza di Dio Padre, che ci ha creato, nel cammino della vita». Su questa strada il cristiano «tante volte deve soffrire: tante sofferenze questo porta». Ma «così è la nostra vita: sempre Gesù accanto a noi, con la consolazione dello Spirito Santo». E «quella è la nostra forza».

A cura dello staff allaquerciadimamre.it*

 

* Fonte: Osservatore Romano - 13 aprile 2016

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