La pace viene solo da Dio. A Lui dobbiamo rivolgere suppliche e preghiere, affinchè sia allontanato dal cuore degli uomini il germe del male. Chiediamo al Signore, di diventare artigiani della pace, per portare all'umanità un messaggio di speranza tre il rumore della guerra. "Ricordiamo a questo proposito i gravi doveri di coloro che hanno la responsabilità del potere. E aggiungiamo: "Con la mano sulla coscienza, che ascoltino il grido angoscioso che, da tutti i punti della terra, dai bambini innocenti agli anziani, dalle persone alle comunità, sale verso il cielo: pace! pace!". Rinnoviamo oggi questa solenne implorazione. Noi supplichiamo tutti i governanti a non restare sordi a questo grido dell'umanità" (San Giovanni XXIII).
Francesco torna a parlare del diavolo. L'ha fatto durante un omelia a Santa Marta, commentando il brano evangelico di Luca dove si legge di Gesù che scaccia il demonio ma non viene compreso dai suoi. «Ci sono alcuni preti - ha detto il Papa - che quando leggono questo brano del Vangelo, questo e altri, dicono: ''Ma, Gesù ha guarito una persona da una malattia psichica". Non leggono questo qui, no? È vero che in quel tempo si poteva confondere un'epilessia con la possessione del demonio, ma è anche vero che c'era il demonio! E noi non abbiamo diritto di fare tanto semplice la cosa, come per dire: ''Tutti questi non erano indemoniati; erano malati psichici". No! La presenza del demonio è nella prima pagina della Bibbia e la Bibbia finisce anche con la presenza del demonio, con la vittoria di Dio sul demonio». Ha quindi indicato le tre vie per «resistere» al maligno. «Non confondere la verità. Gesù lotta contro il diavolo: primo criterio. Secondo criterio: chi non è con Gesù, è contro Gesù. Non ci sono atteggiamenti a metà. Terzo criterio: la vigilanza sul nostro cuore, perché il demonio è astuto. Mai è scacciato via per sempre! Soltanto l'ultimo giorno lo sarà». Poi ha concluso invitando i cristiani alla «vigilanza, perché la strategia di lui è quella: ''Tu ti sei fatto cristiano, vai avanti nella tua fede, io ti lascio, ti lascio tranquillo. Ma poi quando ti sei abituato e non fai tanta vigilanza e ti senti sicuro, io torno". Il Vangelo di oggi incomincia con il demonio scacciato e finisce con il demonio che torna! San Pietro lo diceva: "È come un leone feroce, che gira intorno a noi". È così».
Non basta credere nell'esistenza del diavolo. E' necessario ribadire la concreta possibilità di finire all'inferno, se non si professa la fede in Cristo morto e risorto. Di conseguenza, credere nell'azione del diavolo serve a poco, se poi "tutti andiamo in Cielo". Satana diventa così un tipo che ci importuna, in un modo o nell'altro, ma che non mette in pericolo la salvezza eterna dell'anima. Per quanti continuano a peccare senza mostrare nessuna forma di pentimento, la prospettiva è la dannazione eterna, l’inferno, perché l’attaccamento al peccato può condurci al fallimento della nostra esistenza. È il tragico destino che spetta a chi vive nel peccato senza invocare Dio. Solo il perdono divino ci dà la forza di resistere al male e non peccare più. Gesù è venuto per dirci che ci vuole tutti in paradiso e che l’inferno, del quale poco si parla in questo nostro tempo, esiste ed è eterno per quanti chiudono il cuore al suo amore. Oggi constatiamo con dolore nuovamente che a Satana è stato concesso di vagliare i discepoli visibilmente davanti a tutto il mondo. E sappiamo che Gesù prega per la fede di Pietro e dei suoi successori. Sappiamo che Pietro, attraverso le acque agitate della storia, va incontro al Signore ed è in pericolo di affondare, ma viene sempre di nuovo sorretto dalla mano del Signore e guidato sulle acque.
"La fede cristiana -ricorda il papa emerito- è un annuncio, una offerta all'uomo, mai una "imposizione". Ogni persona "se vuole", può "accettarla spontaneamente" con "tutta la sua carica salvifica che ci viene da Dio, il nostro Padre misericordioso che è sempre pronto ad aiutarci, ad accoglierci, anche quando sbagliamo". "Perdono e salvezza divina" intesi, quindi, come "doni" che ogni uomo nel corso della sua vita ha la possibilità di accettare, a patto che "ammetta le sue colpe e prometta di non peccare più". E quanti continuano a peccare senza mostrare nessuna forma di pentimento? Per questi la prospettiva è la dannazione eterna, l'Inferno, perché "l'attaccamento al peccato può condurci al fallimento della nostra esistenza". Tragico destino che spetta a chi "vive nel peccato senza invocare Dio" perché "solo il perdono divino ci dà la forza di resistere al male e non peccare più". Ecco perché ricorda che "Gesù è venuto per dirci che ci vuole tutti in Paradiso e che l'Inferno, del quale poco si parla in questo nostro tempo, esiste ed è eterno per quanti chiudono il cuore al suo amore". Si tratta - in sostanza - degli stessi scenari previsti nel Compendio del nuovo Catechismo della Chiesa Cattolica. L'Inferno - vi si legge tra l'altro - "consiste nella dannazione eterna di quanti muoiono per libera scelta in peccato mortale" e "la pena principale dell'Inferno sta nella separazione eterna da Dio". Su questo insegnamento si è sempre mosso il teologo Joseph Ratzinger, sia da vescovo che da cardinale. In perfetta sintonia con papa Wojtyla, che durante il suo lungo pontificato in più occasioni ha invitato "a pregare Dio perché nessuno sia o vada all'Inferno", spiegando che al luogo della dannazione eterna sono destinati coloro i quali "usano male la libertà offerta loro da Dio".
Don Salvatore Lazzara
Vladimir Sergeevič Solov’ëv (1853-1900), scrittore russo-ortodosso, descrisse con straordinaria preveggenza il modo in cui l’Anticristo, nel XX secolo, avrebbe conquistato il mondo intero e come avrebbe ingannato gli uomini di Chiesa. Di tutto ciò troviamo eco, nel film “La più grande storia mai raccontata”, una pellicola del 1965 di George Stevens, è molto interessante la scena dell’incontro, diciamo così, fra Gesù e un “vecchio” nel deserto. Il vecchio in questione è un molto gentile, affabile, alla mano, e si dimostra molto premuroso nell’aiutare Gesù a risolvere il suo problema dell’avere fame, dopo quaranta di digiuno. Con molta semplicità, con tono risolutore, non certamente provocatorio, indicando alcune pietre, propone al Signore, di trasformale in pane. Chi ha letto – oggigiorno non è così scontato – il Vangelo conosce la risposta del Signore: «Non di solo pane vive l’uomo, ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio». In questo modo il diavolo riesce a ingannarci: facendoci credere di essere il più buono e più il caritatevole di tutti, mostrandosi come la migliore delle “brave persone”.
Giungendo a Vilnius, in Lituania, tra le tante bellezze storiche da visitare, si viene catturati da un particolare, che ha segnato nel corso dei secoli la storia del paese e dell'intera Europa. Nel centro storico, infatti, si trova la porta dell'Aurora, dove la la strada costituisce un santuario, in quanto vi sosta sempre della gente in raccoglimento e anche in ginocchio. Gli stessi non credenti, passando sotto di essa, tengono un contegno rispettoso. Formata da tre piani, la Porta dell'Aurora racchiudeva al primo piano un'immagine della Madonna che, nel 1508, fu sostituita da quella attuale, dipinta su tavola, in stile Rinascimento, di autore ignoto. Il capo è inclinato sulla spalla destra, le mani aperte e incrociate nel petto, il volto splendente di celestiale bellezza e soffuso di profonda mestizia. Nel 1629, i Carmelitani costruirono nelle vicinanze un convento e, fra il 1621 e il 1650, una chiesa dedicata a S. Teresa. L'immagine, ritrovata intatta dopo l'attacco dei Russi a Vilnius e l'incendio di 17 giorni che devastò tutta la città, destò il loro interesse e li decise ad elevare, nel 1671, una cappella in legno sopra la porta per deporvela con grande partecipazione del popolo, sotto la guida del vescovo Alessandro Sapiega. Il modesto oratorio si trasformò presto in luogo di pellegrinaggio, e Carmelitani e Gesuiti lo fecero conoscere in Lituania e nei Paesi confinanti. Molti miracoli furono registrati sotto giuramento nell'arco di quasi cento anni, dal 1671 al 1761. Un cronista riferisce, in particolare, che un fanciullo caduto dal secondo piano di una casa e restato esanime al suolo, riprese vita dopo che la madre era corsa a gettarsi ai piedi di Maria della Porta dell'Aurora. Parimenti, un violento incendio che devastò Vilnius, nel 1706, e uno successivo, nel 1715, furono spenti per l'intercessione della Vergine.
Il 13 ottobre 1884, Leone XIII finì di celebrare la Santa Messa nella cappella vaticana. Restò immobile per 10 minuti. Poi, si precipitò verso il suo ufficio senza dare la minima spiegazione a chi era vicino a lui e che l'aveva visto divenire livido. Leone XIII compose immediatamente una preghiera a San Michele Arcangelo, dando istruzioni perché fosse recitata ovunque al termine di ogni Messa bassa. Successivamente il Papa darà la sua testimonianza raccontando (sinteticamente) di aver udito satana e Gesù e di aver avuto una terrificante visione dell'inferno : "ho visto la terra avvolta dalle tenebre e da un abisso, ho visto uscire legioni di demoni che si spargevano per il mondo per distruggere le opere della Chiesa ed attaccare la stessa Chiesa che ho visto ridotta allo stremo. Allora apparve S. Michele e ricacciò gli spiriti malvagi nell'abisso. Poi ho visto S. Michele Arcangelo intervenire non in quel momento, ma molto più tardi, quando le persone avessero moltiplicato le loro ferventi preghiere verso l'Arcangelo". Nel 1994, Papa Giovanni Paolo II ha chiesto che questa preghiera torni attuale: "che la preghiera ci fortifichi per la battaglia spirituale... Papa Leone XIII ha ha certamente avuto un vivo richiamo di questa scena quando ha introdotto in tutta la Chiesa una speciale preghiera a S. Michele Arcangelo... Chiedo a tutti di non dimenticarla e di recitarla per ottenere aiuto nella battaglia contro le forze delle tenebre e contro lo spirito di questo mondo ".