Francesco torna a parlare del diavolo. L'ha fatto durante un omelia a Santa Marta, commentando il brano evangelico di Luca dove si legge di Gesù che scaccia il demonio ma non viene compreso dai suoi. «Ci sono alcuni preti - ha detto il Papa - che quando leggono questo brano del Vangelo, questo e altri, dicono: ''Ma, Gesù ha guarito una persona da una malattia psichica". Non leggono questo qui, no? È vero che in quel tempo si poteva confondere un'epilessia con la possessione del demonio, ma è anche vero che c'era il demonio! E noi non abbiamo diritto di fare tanto semplice la cosa, come per dire: ''Tutti questi non erano indemoniati; erano malati psichici". No! La presenza del demonio è nella prima pagina della Bibbia e la Bibbia finisce anche con la presenza del demonio, con la vittoria di Dio sul demonio». Ha quindi indicato le tre vie per «resistere» al maligno. «Non confondere la verità. Gesù lotta contro il diavolo: primo criterio. Secondo criterio: chi non è con Gesù, è contro Gesù. Non ci sono atteggiamenti a metà. Terzo criterio: la vigilanza sul nostro cuore, perché il demonio è astuto. Mai è scacciato via per sempre! Soltanto l'ultimo giorno lo sarà». Poi ha concluso invitando i cristiani alla «vigilanza, perché la strategia di lui è quella: ''Tu ti sei fatto cristiano, vai avanti nella tua fede, io ti lascio, ti lascio tranquillo. Ma poi quando ti sei abituato e non fai tanta vigilanza e ti senti sicuro, io torno". Il Vangelo di oggi incomincia con il demonio scacciato e finisce con il demonio che torna! San Pietro lo diceva: "È come un leone feroce, che gira intorno a noi". È così».
Non basta credere nell'esistenza del diavolo. E' necessario ribadire la concreta possibilità di finire all'inferno, se non si professa la fede in Cristo morto e risorto. Di conseguenza, credere nell'azione del diavolo serve a poco, se poi "tutti andiamo in Cielo". Satana diventa così un tipo che ci importuna, in un modo o nell'altro, ma che non mette in pericolo la salvezza eterna dell'anima. Per quanti continuano a peccare senza mostrare nessuna forma di pentimento, la prospettiva è la dannazione eterna, l’inferno, perché l’attaccamento al peccato può condurci al fallimento della nostra esistenza. È il tragico destino che spetta a chi vive nel peccato senza invocare Dio. Solo il perdono divino ci dà la forza di resistere al male e non peccare più. Gesù è venuto per dirci che ci vuole tutti in paradiso e che l’inferno, del quale poco si parla in questo nostro tempo, esiste ed è eterno per quanti chiudono il cuore al suo amore. Oggi constatiamo con dolore nuovamente che a Satana è stato concesso di vagliare i discepoli visibilmente davanti a tutto il mondo. E sappiamo che Gesù prega per la fede di Pietro e dei suoi successori. Sappiamo che Pietro, attraverso le acque agitate della storia, va incontro al Signore ed è in pericolo di affondare, ma viene sempre di nuovo sorretto dalla mano del Signore e guidato sulle acque.
"La fede cristiana -ricorda il papa emerito- è un annuncio, una offerta all'uomo, mai una "imposizione". Ogni persona "se vuole", può "accettarla spontaneamente" con "tutta la sua carica salvifica che ci viene da Dio, il nostro Padre misericordioso che è sempre pronto ad aiutarci, ad accoglierci, anche quando sbagliamo". "Perdono e salvezza divina" intesi, quindi, come "doni" che ogni uomo nel corso della sua vita ha la possibilità di accettare, a patto che "ammetta le sue colpe e prometta di non peccare più". E quanti continuano a peccare senza mostrare nessuna forma di pentimento? Per questi la prospettiva è la dannazione eterna, l'Inferno, perché "l'attaccamento al peccato può condurci al fallimento della nostra esistenza". Tragico destino che spetta a chi "vive nel peccato senza invocare Dio" perché "solo il perdono divino ci dà la forza di resistere al male e non peccare più". Ecco perché ricorda che "Gesù è venuto per dirci che ci vuole tutti in Paradiso e che l'Inferno, del quale poco si parla in questo nostro tempo, esiste ed è eterno per quanti chiudono il cuore al suo amore". Si tratta - in sostanza - degli stessi scenari previsti nel Compendio del nuovo Catechismo della Chiesa Cattolica. L'Inferno - vi si legge tra l'altro - "consiste nella dannazione eterna di quanti muoiono per libera scelta in peccato mortale" e "la pena principale dell'Inferno sta nella separazione eterna da Dio". Su questo insegnamento si è sempre mosso il teologo Joseph Ratzinger, sia da vescovo che da cardinale. In perfetta sintonia con papa Wojtyla, che durante il suo lungo pontificato in più occasioni ha invitato "a pregare Dio perché nessuno sia o vada all'Inferno", spiegando che al luogo della dannazione eterna sono destinati coloro i quali "usano male la libertà offerta loro da Dio".
Don Salvatore Lazzara