Con la domenica delle Palme, la Chiesa celebra l’ingresso trionfale di Gesù a Gerusalemme, accolto dai bambini in festa. La settimana santa, ricorda ai credenti, il sacrificio di Cristo sulla croce, il quale “con forti grida e lacrime”, ha offerto la sua vita per la salvezza degli uomini. Nel corso del tempo e della storia, tanti testimoni del Vangelo, hanno reso testimonianza al Signore, fino all’effusione del sangue. All’inizio di questi giorni santi, vogliamo ricordare il primo “genocidio si stato” della storia occidentale che ha sterminato senza pietà i cristiani di Vandea, accusati di non accettare i venti rivoluzionari che soffiavano in quegli anni nella Francia dei lumi.
I membri della Rosa Bianca (in lingua tedesca: Die Weiße Rose), di cui oggi ricorre l’anniversario, è stato un gruppo di studenti cristiani che si opposero in modo nonviolento al regime della Germania nazista. La Rosa Bianca fu attiva dal giugno 1942 al febbraio 1943, quando i principali componenti del sodalizio vennero arrestati, processati e condannati a morte mediante decapitazione. Il gruppo era composto da cinque studenti: i fratelli Hans e Sophie Scholl, Christoph Probst, Alexander Schmorell e Willi Graf, tutti poco più che ventenni. A essi si unì un professore, Kurt Huber, che stese gli ultimi due opuscoli. Operativo a Monaco di Baviera, pubblicò sei opuscoli, che chiamavano i tedeschi a ingaggiare alla resistenza passiva contro il regime nazista. Un settimo opuscolo, che potrebbe essere stato preparato, non venne mai distribuito, perché cadde nelle mani della Gestapo. Sebbene i membri della Rosa Bianca fossero tutti studenti all’Università Ludwig Maximilian di Monaco, avevano partecipato alla guerra sul fronte francese e su quello russo, dove furono testimoni delle atrocità commesse contro gli ebrei e sentirono che il rovesciamento delle sorti che la Wehrmacht soffrì a Stalingrado, avrebbe alla fine portato alla sconfitta della Germania. Essi rigettavano la violenza della Germania nazista di Adolf Hitler e credevano in un’Europa federale che aderisse ai principi cristiani di tolleranza e giustizia. Citando estensivamente la Bibbia, Laozi, Aristotele e Novalis, così come Goethe e Schiller, si appellarono a quella che consideravano l’intellighenzia tedesca, credendo che si sarebbe intrinsecamente opposta al Nazismo.
Molti oggi lo festeggiano ma pochi, pochissimi sanno qualcosa di lui. Ed è un peccato perché quella di san Valentino (176-273) è una figura affascinante, particolare, sorprendente. In breve, Valentino – patrono di Terni, protettore degli innamorati e degli epilettici – fu un vescovo romano e martire. Di famiglia patrizia, divenne cristiano e vescovo di Terni giovanissimo, ad appena 21 anni. Doveva essere animato da una fede convinta e dal desiderio di convertire più pagani possibili, al punto che, una volta a Roma, pare abbia rifiutato di sospendere una celebrazione religiosa persino quando l’invito a farlo gli venne nientemeno che dall’imperatore in persona, Claudio II il Gotico (213-270).
La tragedia del Titanic è nota a tutti. L’affondamento del transatlantico britannico il 15 aprile 1912, dove morirono circa 2000 persone, è entrato nella storia come una delle più grandi tragedie in mare. Un dramma che spinse anche a riflessioni filosofiche: in pieno positivismo, il Titanic rappresentava il frutto più maturo della scienza e della tecnologia di allora, ostentato come una nave inaffondabile, il pupillo della nuova era. Colato a picco in sole 2 ore, oltre che un’immane tragedia umana diventò anche una ferita mortale alla «presuntuosa convinzione positivistica della totale affidabilità della tecnica e della indiscussa capacità della scienza di fare della specie umana l’assoluta dominatrice della natura, facendo aprire gli occhi agli intellettuali più avveduti sui limiti del sapere tecnologico-scientifico» (R. Timossi, “L’illusione dell’ateismo”, San Paolo 2009, p. 70,71).
Non mi piace dire che Troia brucia, che l’Europa è ormai una provincia anzi una colonia dell’Islam e l’Italia un avamposto di quella provincia, un caposaldo di quella colonia. Dirlo equivale ad ammettere che le Cassandre parlano davvero al vento, che nonostante le loro grida di dolore i ciechi rimangono ciechi, i sordi rimangono sordi, le coscienze svegliate si riaddormentano presto e i Mastri Cecchi muoiono per nulla. Ma la verità è proprio questa. Dallo Stretto di Gibilterra ai fiordi di Serey, dalle scogliere di Dover alle spiagge di Lampedusa, dalle steppe di Volgograd alle vallate della Loira e alle colline della Toscana, l’incendio divampa. In ogni nostra città v’è una seconda città. Una città sovrapposta ed uguale a quella che negli Anni Settanta i palestinesi crearono a Beirut installando uno Stato dentro lo Stato, un governo dentro il governo. Una città mussulmana, una città governata dal Corano. Una tappa dell’espansionismo islamico. Quell’espansionismo che nessuno è mai riuscito a superare. Nessuno. Neanche i persiani di Ciro il Grande. Neanche i macedoni di Alessandro Magno. Neanche i romani di Giulio Cesare. Neanche i francesi di Napoleone. Perché è l’unica arte nella quale i figli di Allah hanno sempre eccelso, l’arte di invadere, conquistare, soggiogare. La loro preda più ambita è sempre stata l’Europa, il mondo cristiano, e vogliamo darci un’occhiata a quella Storia che oggi si vorrebbe cancellare?