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Le recenti polemiche sugli oppositori di Papa Francesco, certamente non sono una grande novità nella vita della Chiesa. Già ai tempi di Gesù tra i discepoli erano nati dissapori e contrasti. Tanto che alla fine Pietro lo ha rinnegato, Giuda lo ha tradito, e gli altri discepoli sono scappati via per la paura. Dopo la Resurrezione di Cristo dai morti, gli atti degli apostoli ci raccontano la vita della prima comunità, dove cominciarono a sorgere le prime difficoltà, tra quanti avevano accolto la fede in Gesù di Nazaret. Con l’entrata in scena di Paolo di Tarso, i dissapori con la comunità giudaico-cristiana si acutizzarono. Nella chiesa cristiana primitiva, c’erano alcuni che rifiutavano di riconoscere sia “Paolo sia Apollo” ma che ritenevano come loro maestro Pietro. Questi affermavano che Pietro era stata la persona più vicina a Cristo quando il Maestro era sulla terra, mentre Paolo era stato un persecutore dei credenti. Le loro opinioni e i loro sentimenti erano condizionati dal pregiudizio. Essi non mostravano la liberalità, la generosità, la tenerezza che rivela la presenza di Cristo nel cuore. C’era il rischio che questo spirito di gruppo recasse un grave danno alla chiesa cristiana. Paolo fu istruito dal Signore a pronunciare una severa ammonizione e una solenne protesta. A quelli che dicevano: “Io son di Paolo; e io d’Apollo; e io di Cefa; e io di Cristo — l’apostolo chiese — Cristo è egli diviso? Paolo è egli stato crocifisso per voi? O siete voi stati battezzati nel nome di Paolo?” “Nessuno dunque si glori degli uomini — egli supplicò -, perché ogni cosa è vostra: e Paolo, e Apollo, e Cefa, e il mondo, e la vita, e la morte, e le cose presenti, e le cose future, tutto è vostro; e voi siete di Cristo, e Cristo è di Dio”. (1Cor 1:12, 13; 3:21-23).

L’apostolo delle genti, quando iniziò la sua opera in Corinto, comprese che doveva introdurre con molta attenzione le grandi verità che desiderava insegnare. Egli sapeva che tra i suoi ascoltatori c’erano degli uomini orgogliosi che sostenevano con teorie umane dei falsi sistemi di adorazione. Questi uomini brancolavano nel buio, sperando di trovare nel libro della natura teorie che contraddicessero la realtà della vita spirituale e immortale rivelata nelle Scritture. Egli sapeva anche che persone ispirate da uno spirito di critica avrebbero cercato di contraddire l’interpretazione cristiana della Parola rivelata; a costoro si sarebbero aggiunti degli scettici che avrebbero trattato il Vangelo di Cristo con scherno e derisione. Mentre Paolo si sforzava di guidare le persone ai piedi della croce, non tentò di rimproverare direttamente quelli che erano licenziosi o di mostrare quanto atroci fossero i loro peccati agli occhi di un Dio santo. Egli cercò piuttosto di mettere dinanzi a loro il vero oggetto della vita, e di imprimere sulle menti le lezioni del divino Maestro, che se accettate, li avrebbero allontanati dalla mondanità e dal peccato per condurli alla purezza e alla vera giustizia.

Paolo si soffermò specialmente sulla morale pratica e sulla santità che devono raggiungere coloro che desiderano essere reputati degni di un posto nel regno di Dio. Egli sperò di vedere la luce del Vangelo di Cristo squarciare l’oscurità delle loro menti, così che essi potessero vedere quanto fossero offensive le loro pratiche immorali agli occhi di Dio. Perciò il centro del suo insegnamento tra loro fu il Cristo crocifisso. L’apostolo cercò di mostrare che l’oggetto preferito della loro attenzione e della loro gioia doveva riguardare la meravigliosa verità della salvezza per mezzo del pentimento e della fede nel Signore Gesù Cristo. Alla luce di quanto affermato, suona alquanto inquietante la “lista di proscrizione”, pubblicata da una famosa testata giornalistica, ad opera di due bravi ed altisonanti vaticanisti di lungo corso.

La “galassia” del dissenso nella Chiesa in varie forme ha fatto sentire la sua voce, e non è certo una grande novità che nel mondo cattolico, gruppi numerosi di credenti manifestino pubblicamente qualche perplessità nei confronti del Papa. Come non dimenticare le contestazioni –solo per fermarci nel nostro secolo-, a Pio XII (accusato addirittura di essere nazista). Giovanni XXIII (quando pubblicò la Pacem in Terris, venne etichettato dai giornali nostrani come comunista doc). Paolo VI (da più parti criticato per la sua eterna indecisione). Giovanni Paolo II (contestato dai sandinisti in Nicaragua, e da mons. Lefebvre) e Benedetto XVI (attaccato dall’ala più progressista della Chiesa Austriaca e dai teologi cosiddetti più moderni; come non dimenticare l'accanimento mediatico dopo la promulgazione del motu proprio summorum pontificum sulla liberalizzazione della messa tridentina). E’ opportuno sottolineare che non è necessario etichettare, con aggettivi ed appellativi (ultratradizionalisti, ultraconservatori, sedevacantisti, amici di Putin [?]: vorrei capire quale sia la linea di collegamento tra il Presidente Russo, e il dissenso nei confronti di Papa Bergoglio), che rimandano ad esperienze negative, -come successe al tempo di Paolo-, quella parte di cattolici e non solo, in aperto contrasto teologico, sociale e filosofico, non al Pontificato inteso nella sua prerogativa di fede, ma ad alcune scelte o posizioni di natura soggettiva. Qui non è in discussione la fedeltà all’Apostolo Pietro! Certamente ci può essere qualcuno che rincara la dose, lasciandosi trascinare verso lidi fantasiosi e a volte buffi! Ma tutto ciò cosa toglie all’esercizio del ministero Petrino? Più volte Papa Francesco, ha esortato ad essere chiari e non ipocriti come i farisei, e “di dire possibilmente, le cose in faccia”. Certo a nessuno fa piacere essere criticato o frainteso. L’operazione compiuta dalla stampa, certamente non ha aiutato a costruire l’unità della Chiesa. Anzi, ha sollevato sospetti, insinuazioni, pettegolezzi. Tante volte, per chi ha vissuto in famiglia è capitato di non essere d’accordo con la mamma o con il papà. Nonostante le arrabbiature, le discussioni, però sono rimasti i “nostri genitori!”. Dichiarare apertamente di non essere d’accordo con l’esortazione apostolica Amoris laetitia, o con altri pronunciamenti, non significa non amare il Papa!

Il Catechismo della Chiesa Cattolica impone obbedienza al Papa perché seguendo la sua volontà si aderisce a quella di Dio. Ma laddove questa volontà fosse in conflitto con quella divina, l’auctoritas pontificia verrebbe meno, perché ogni potestas –insegna Tommaso D’Aquino– riceve validità dall’ossequio al bene. La suprema legge nella chiesa, si legge nel codice di Diritto canonico, è la salus animarum e il primo balsamo per le anime è la verità a cui è sottomesso lo stesso Vicario di Cristo. Quindi sì obbedienza, ma non papolatria. Infatti il codice di Diritto canonico al n. 212 chiede ai fedeli da una parte obbedienza ai pastori e dall’altra riconosce a loro il diritto di esprimere delle riserve “su ciò che riguarda il bene della chiesa”. Nulla di nuovo sotto il sole. San Paolo criticò Pietro, primo Papa della storia, in merito all’obbligo da parte dei convertiti di sottoporsi al giudaismo: “Quando Cefa venne ad Antiochia mi opposi a lui a viso aperto perché evidentemente aveva torto” (Gal. 2,11). Il problema sta nel fatto che Paolo riprendeva Pietro per un aspetto pastorale e invece le recenti critiche mosse a Papa Francesco sono anche e soprattutto di carattere dottrinale.

Nella Chiesa cattolica –chiarisce mons. Bux-, c’è sempre stata la possibilità di esprimere la propria posizione rispettosamente dissenziente verso l’autorità ecclesiastica, anche se si trattasse del Papa. Il cardinale Carlo Maria Martini, notoriamente esprimeva frequentemente, anche per iscritto, il suo dissenso dal pontefice regnante, ma quegli non l’ha destituito da arcivescovo di Milano, o ritenuto un cospiratore. Eppure, per il fatto che dicesse cose o lanciasse proposte "di rottura", i mass media lo definivano anti-Papa. Oggi, non pochi laici, sacerdoti e vescovi si chiedono: dove stiamo andando? Il cattolico sa che il Papa non è un autocrate, ma esprime e conferma la fede della Chiesa fondata da Gesù Cristo: se così non fosse, non sarebbe più in comunione con essa. Insomma, egli deve tutelare la comunione ecclesiale e non favorire la divisione e la contrapposizione, magari mettendosi a capo dei ‘progressisti’ contro i ‘conservatori’; queste categorie politiche, non s’attagliano alla Chiesa: semmai la distinzione è quella tra i cattolici, che sostengono la fede di sempre, e i modernisti che ritengono che questa debba conformarsi alle mode del tempo. Dunque dimostrare che “il dissenso” verso Papa Francesco equivale a non essere fedeli a Cristo e al Vangelo, è una manovra di basso profilo giornalistico. Affermare che le polemiche si fermeranno qui, è pura utopia. Continuiamo pertanto il cammino di fede verso il regno di Dio. Il resto, non conta nulla!

 

Don Salvatore Lazzara

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