Il 13 marzo 2015, a sorpresa, Papa Francesco ha annunciato un Anno Santo straordinario consacrato alla misericordia che inizierà l'8 dicembre 2015 e finirà il 20 novembre 2016: “affinché la Chiesa”, ha detto, “possa rendere più evidente la sua missione di essere testimone della misericordia di Dio”. Parole che richiamano quelle pronunciate da Giovanni XXXIII l’11 ottobre 1962 quando apriva il Concilio Ecumenico Vaticano II, orientandolo in senso pastorale: “Oggi la sposa di Cristo preferisce usare la medicina della misericordia invece che imbracciare le armi del rigore... Così la Chiesa Cattolica vuole mostrarsi madre amorevolissima di tutti, benigna, mossa da misericordia e da bontà verso i figli da lei separati”. In realtà, tutti i Giubilei hanno al centro la misericordia, da quelli antichi degli Ebrei, che ogni cinquant'anni lasciavano riposare la terra, condonavano i debiti e liberavano gli schiavi, a quelli moderni introdotti nel 1300 da Bonifacio VIII.
Con l’indizione del Giubileo, a pochi mesi di distanza dall’apertura del Sinodo, Francesco ha tracciato in modo evidente il cammino della Chiesa, facendo intendere la sua “strategia” pastorale per rinnovare e purificare la comunità ecclesiale all’insegna della misericordia. Da quel momento, ogni pronunciamento, viaggio, incontro, ha avuto un denominatore comune: “la misericordia di Dio”, come antidoto al male e al peccato. I messaggi principali dell’anno giubilare sono: 1) la facoltà concessa ai sacerdoti di concedere il perdono dal peccato grave di aborto; 2) il recupero dei rapporti con i Lefebvriani. Papa Francesco ha deciso che non restino esclusi dall'indulgenza plenaria nemmeno "quei fedeli che per diversi motivi si sentono di frequentare le chiese officiate dai sacerdoti della Fraternità San Pio X". E così, "mosso dall'esigenza di corrispondere al bene di questi fedeli, per mia propria disposizione, quanti durante l'Anno Santo della Misericordia si accosteranno per celebrare il Sacramento della Riconciliazione presso i sacerdoti della Fraternità San Pio X, riceveranno validamente e lecitamente l'assoluzione dei loro peccati".
I pronunciamenti papali, nella scia del rinnovamento spirituale, alla luce dell’insegnamento di Gesù, non si fermano all’indizione dell’Anno Santo. La tappa intermedia, tra la convocazione del Giubileo e la celebrazione del Sinodo, è segnata dall’annuncio dei Motu proprio dal titolo "Mitis Iudex Dominus Iesus" e "Mitis et misericors Iesus", che trattano sulla celerità dei processi matrimoniali ed entreranno in vigore l'8 dicembre, inizio del Giubileo straordinario della misericordia. Come non collegare l’indizione dell’anno straordinario con i motu proprio e il Sinodo? Le iniziative pastorali volute dal Santo Padre hanno suscitato vivaci dibattiti nella Chiesa, ma anche nel mondo dei media e nella politica nazionale e internazionale. A molti osservatori è sembrato che Francesco abbia saltato piè pari gran parte della questione dei sacramenti ai divorziati risposati, avocando a sé una decisione che forse non sarebbe passata nella discussione del Sinodo.
Il provvedimento del Pontefice è stato giudicato frettoloso. Il contenuto dei motu proprio poco chiaro e incline a interpretazioni pericolose che non farebbero altro che peggiorare ulteriormente la condizione dei coniugi, intaccando in modo irreparabile la sacralità del matrimonio. Conoscendo la lungimiranza del Papa, possiamo affermare che, per non creare divisioni ulteriori al Sinodo, abbia “giocato” d’anticipo, assumendosi la responsabilità propria del ministero petrino, nella prospettiva della misericordia più volte citata come pilastro della Chiesa e dell’agire dei credenti, nei confronti di quanti hanno il “cuore ferito”. La composizione del Sinodo, è quasi nella totalità fedele all’insegnamento del Magistero in materia di matrimonio, nonostante diverse nomine fatte nel “segno” opposto. Le voci discordanti sono poche ma rumorose, e creano frizioni e discussioni infinite, senza presentare soluzioni capaci di far coincidere il Magistero con la vita quotidiana dei credenti. Ciò che accomuna tutti questi attacchi è la pressione affinché la Chiesa si omologhi agli ordinamenti del pensiero moderno, e si assimili alle correnti culturali dominanti. A uno sguardo più ravvicinato -secondo i cosiddetti progressisti-, la riforma pretesa ha al suo centro non solo dei cambiamenti di dottrina, ma anche la modifica degli ordinamenti e della disciplina. Per i contestatori, l'ortodossia non ha importanza, ma l'ortoprassi sì: sono le regole pratiche della Chiesa che vanno cambiate e messe al passo con i tempi. Niente di più sbagliato.
Tra le varie polemiche, ricordiamo la durissima e inaudita intervista del Cardinale Marx contro le posizioni di alcuni ecclesiastici e non sul Sinodo: “non siamo una filiale di Roma e non sarà un Sinodo a dirci che cosa fare in Germania”. Forse l’alto porporato ha dimenticato che la Chiesa Cattolica è tale proprio perché vive in comunione con il Papa (lo dichiariamo nel Credo ogni domenica: “Credo la Chiesa Una, Santa, Cattolica e Apostolica”), anche se l’assemblea sinodale non è un organo deliberativo, ma solo consultivo, i vescovi e il popolo di Dio sono chiamati ad osservare con obbedienza le indicazioni che collegialmente si prendono sotto la guida del Successore dell’Apostolo Pietro.
La Chiesa tedesca, come denunciò Benedetto XVI, vive una fortissima crisi di identità e di fede, e non sarà certamente la ricerca del favore del mondo a renderla più profetica. Al contrario, come è avvenuto per le Chiese protestanti del nord Europa che, nonostante le “concessioni” in materia di fede e di morale, hanno perso credibilità e fedeli. Alle obiezioni di Marx rispose con una certa enfasi apologetica Mons. Lenga, Arcivescovo emerito di Karaganda, Kazakistan: “se la Chiesa tedesca crede di essere così superiore, è una sorta di fantasma che dobbiamo espellere col segno della Croce. Durante il Sinodo, il Papa mostrerà da quale parte sta. Se accetterà la posizione di quanti vogliono distribuire la Santa Comunione ai divorziati, l’eresia entrerà nella Chiesa, e se non la accetterà, potrà verificarsi uno scisma all’interno della Chiesa. O stiamo dalla parte di Cristo, o dalla parte del diavolo. Non c’è una terza scelta. A volte i fedeli comuni sono più vicini a Cristo di quanto non lo siano i sacerdoti”.
Alla vigilia del Sinodo, secondo un copione studiato ad arte per confondere e seminare zizzania, scoppiano le polemiche sull’udienza concessa in America dal Papa al suo vecchio alunno gay con il compagno; la critica circa la partecipazione, alla giornata mondiale della Famiglia a Philadelphia, del Sindaco di Roma Marino, notoriamente favorevole alle nozze gay; la dichiarazione del Monsignore, segretario della Commissione Teologica Internazionale, sulla sua tendenza sessuale, presentando sotto i riflettori delle tv di mezzo mondo il compagno; le varie accuse di omosessualità e pedofilia da parte di alcuni preti; il costante martellamento dei media sulla ormai famosa farse “chi sono io per giudicare i gay?”. Il tutto, per condizionare pesantemente Francesco e i lavori del Sinodo, e quindi spostare il baricentro della discussione su temi non proprio attinenti alla riflessione sinodale.
Dall’analisi appena compiuta emerge l’impressione che il Sinodo si dedichi maggiormente ad altri temi, tra cui il gender, i matrimoni interreligiosi, la cura degli sposi, la catechesi, la vicinanza a chi vive situazioni matrimoniali irregolari, l’attenzione ai divorziati, ai figli, piuttosto che affrontare la questione più urgente rappresentata dai due motu proprio, a cui Francesco ha voluto dare uno speciale imprimatur, per non creare ulteriori spaccature nella Chiesa. Sapranno i “cristiani adulti” accettare le decisioni del Papa, anche se saranno controcorrente e non secondo la maggioranza? Il popolo di Dio, sente che si dice tutto e il contrario di tutto. I problemi della Chiesa sono messi sulla piazza della pubblica opinione, dove tutti sono diventati maestri. Quello che conta è l’idea che passa attraverso le interviste: “Tu cosa pensi della comunione ai divorziati? Cosa pensi dei matrimoni gay? Cosa pensi dell’indissolubilità del matrimonio? Credi che il matrimonio sia in crisi? È la risposta, pilotata dai media che si impone come magistero nei confronti dell’opinione pubblica, generando confusione e smarrimento nei piccoli. Dimenticando che la suprema legge della Chiesa -che non è il palcoscenico dove ognuno esprime a casaccio le sue idee per essere preso in considerazione e ammirato- è la salvezza delle anime.
Don Salvatore Lazzara